Prima di iniziare questa guida partiamo da un concetto che mi sta particolarmente a cuore: gli autoritratti non sono selfie, e viceversa. Non confondiamo le cose e, soprattutto, non insultiamo un genere fotografico che esiste dall’alba dei tempi e che può aiutare a raccontarvi. Questo è proprio uno dei motivi che ci spingono a realizzare questa guida: l’arte dell’autoritratto, da sempre, può essere un veicolo di sfogo e racconto personale molto intimo, un mezzo per comunicare uno stato d’animo che persiste in noi. Ecco perché gli autoritratti sono importanti, perché possono raccontarvi meglio di qualsiasi altro tipo di fotografia. In questa guida vi aiuteremo a comprendere l’importanza di questa espressione fotografica e vi daremo tutte le nozioni necessarie affinché voi possiate realizzarla.
Autoritratti: piccoli cenni storici
La nascita dell’autoritratto
Mi sembra doveroso partire dalla storia degli autoritratti, perché farvi conoscere il passato di questo linguaggio fotografico è essenziale per comprenderlo appieno. Sono conscio che al giorno d’oggi molti confondano un autoritratto con un selfie, e dovete sapere che ogni volta che uno si scatta una foto con la fotocamera frontale dello smartphone mentre mangia un panino o sta andando al cinema e poi la pubblica con l’hashtag “autoritratto” mi viene un malore perché so che almeno 100 fotografi, in quel momento, sono morti. Sono due cose totalmente differenti, sia per impostazione che per significato, e non bisogna assolutamente confonderle. Ovviamente gli autoritratti non servono solo per raccontare uno stato d’animo ma possono venire realizzati anche per altri motivi: divertimento, necessità di avere proprie foto professionali e Tinder. Si, esatto: volete mettere salire su una app di incontri con una vostra fotografia super mega ultra iper professionale che vi ritrae come foste Brad Pitt ai tempi d’oro? Non ci sarebbe storia, partners conquistati in un nano secondo. A parte le battute di rito, evitiamo di tergiversare oltre nell’argomento e addentriamoci nella storia di questo complesso genere fotografico.

Facendo un bel balzo indietro nel tempo, l’autoritratto è andato affermandosi durante il Medioevo anche se, come riportato a più riprese, alcune opere ancora più antiche possono essere considerate tali, come lo scultore Fidia che si sarebbe ritratto al fianco di Pericle (come riportato da Plutarco in una sua opera). Nonostante questo, la diffusione e la seguente affermazione dell’autoritratto avviene nel periodo medievale. In questo periodo storico è più corretto parlare di autoritratti ambientati poiché la persona che si auto ritraeva si contestualizzava sempre all’interno di quello che era l’ambiente (o la situazione) circostante. Il Rinascimento poi fu il periodo della definitiva consacrazione, sia per motivi sociali che tecnici: se da un lato l’arrivo della pittura a olio permetteva una raffigurazione molto più dettagliata delle forme del volto, dall’altra parte si aveva la necessità di portare la figura artistica da una dimensione molto meno artigianale ad una più creativa. Così, in questo periodo d’oro, gli artisti e pittori iniziarono ad emanciparsi sempre più dalle costrizioni nelle quali erano cresciuti, diventando figure estemporanee di un nuovo movimento che andava di pari passo con il Rinascimento.

I volti e le figure degli artisti iniziarono a prendere un valore simbolico e divennero di interesse anche per l’élite culturale del periodo, simboli delle conquiste sociali e intellettuali dell’artista in questione. Nacquero quindi diversi generi di autoritratto, da quello ambientato a quello prettamente allegorico, fino ad arrivare al filone del criptoritratto. Ora: non voglio farvi un percorso intero sulla storia dell’autoritratto, non siamo a scuola e questo non è un libro, però tutto questo serve per contestualizzare il periodo storico nel quale questo genere si è affermato e a ribadire la sua importanza all’interno del tessuto sociale, nonché la sua valenza culturale.
L’arrivo della fotografia
Arriviamo al punto focale: la nascita della fotografia, una nuova forma d’espressione artistica che sarebbe stata destinata a cambiare la storia. Nata quasi in contrapposizione all’arte pittorica, la fotografia portò una ventata di aria fresca e una carica disarmante nel mondo dell’arte, tanto che molti pittori dell’epoca decisero di prendere direttamente spunto da questo nuovo linguaggio per le loro opere. L’autoritratto ha iniziato ad essere un veicolo di sfogo, tanto quanto se non più di prima. La possibilità di immortalarsi nel concreto e non tramite quella che era la visione di un altro artista che, seppur bravo, non sarebbe mai stato in grado di replicare ogni frammento del volto, permisero alla fotografia di intraprendere un lungo cammino che l’avrebbe portata a diventare quella che conosciamo oggi.
Il primo autoritratto fotografico conosciuto risale al 1839, quando Robert Cornelius, pioniere della fotografia statunitense, realizzò un dagherrotipo di sé stesso. In seguito alla diffusione della fotocamera portatile Kodak Brownie, nel 1900, l’autoritratto divenne un genere fotografico molto apprezzato e diffuso. I fotografi, come si usa fare anche oggi, utilizzavano un treppiede per tenere la macchina fotografica mentre uno specchio dava loro supporto per rivedersi e mettersi in posa. Anastasija Nikolaevna, nel 1914, all’età di tredici anni, fu la prima a realizzare un ritratto di sé stessa attraverso ad uno specchio, scatto poi inviato ad un amico con tanto di lettera che descriveva l’emozione e la difficoltà nel realizzarlo.

Ci sono tantissimi fotografi che hanno fatto dell’autoritratto un loro timbro stilistico, un loro modo per parlare con il mondo e raccontare il proprio stato d’animo. Potrei citarveli tutti ma, fidatevi, domani saremmo ancora qui. Quindi, giusto per concludere questo paragrafo dedicato alla storia degli autoritratti, tiriamo un attimo le somme: questa diramazione artistica è stata importantissima ed è molto più antica della macchina fotografica, strumento grazie al quale poi si è definitivamente consacrata. Ecco perché mi arrabbio quando mi si paragona una fotografia di questo genere ad un banale selfie.
Autoritratti: perché realizzarli?
La domanda potrebbe sorgere spontanea? Perché fare autoritratti? La risposta, se ci pensate un attimo, è praticamente scritta nel paragrafo precedente, però vorrei darvi una spiegazione più dettagliata parlandovi anche delle varie situazioni in cui un ritratto di sé stessi può tornare utile.
In primo luogo, il più importante, il bisogno di raccontare uno stato d’animo: la vita non è tutta rose e fiori, ci sono momenti che ci prendono a pugni in faccia fino a farci stare tremendamente male. Spesso, poi, non abbiamo nessuno con cui parlare di queste cose, se non amici o parenti che però possono capire il nostro stato fino ad un certo punto (perché non vivendolo in prima persona non possono comprenderlo fino in fondo). Qui entra in gioco l’arte dell’autoritratto, veicolo tramite il quale mettersi completamente a nudo senza togliersi i vestiti. Si, ok, potete toglierli se avete voglia di fare delle foto particolarmente concettuali, ma era inteso metaforicamente. Mettersi davanti alla fotocamera e fotografarsi mentre si piange, in un momento di debolezza o depressione, può aiutare tantissimo. E non ve lo dico tanto per dirlo o fare il buon sammaritano di turno, ve lo dico perché ci sono passato io stesso da questo punto. Davanti a noi non abbiamo un’altra persona e quindi non ci sentiamo limitati dall’esprimere le nostre sensazioni, non proviamo timidezza o un senso di angoscia nel mostrarci nudi davanti ad un altro essere umano e questo ci permette di catturare immagini uniche di ciò che siamo realmente in quel momento. Il momento, in fotografia, è tutto. Ci sono tantissimi grandi fotografi ed artisti che hanno scelto questo linguaggio per superare determinati momenti della loro vita, e tutti concordano sul fatto che farsi degli autoritratti sia incredibilmente terapeutico.

Un’altra situazione in cui realizzare autoritratti può essere una soluzione è quella lavorativa. Molto meno sentimentale e profonda della condizione sopracitata, vi sarà capitato di dover compilare il curriculum con la vostra foto o ritrovarvi a dover mettere il vostro faccino sul vostro sito ufficiale o sulla vostra pagina Instagram che utilizzate per lavoro. Realizzare un autoritratto di sé stessi che sia inerente al contesto che deve raccontare può essere un’ottima mossa per far accrescere nelle persone che visiteranno i vostri canali quella sensazione di professionalità, di personaggio pubblico che offre un servizio che lui stesso sa applicare alla perfezione. Vi faccio un esempio: io fotografo e, spesso, mi capita di fare degli autoritratti ambientati e non dove impugno la macchina fotografica. Questi scatti, poi, finiscono o sul mio sito ufficiale o sui vari portali dove mi promuovo, come Instagram e Facebook. Gli autoritratti quindi servono per darmi un tono, mostrarmi alle persone e ai clienti che scelgono di visitare i miei profili per eventualmente scegliermi per un lavoro. Quindi, come potete intuire, pur essendo diverso il contesto, è decisamente importante realizzarli in una certa maniera.
La terza situazione in cui si può realizzare un autoritratto è prettamente quella narcisistica: tutti, un pelino, vogliamo sentirci belli o più fighi di quello che siamo e quindi ci viene naturale farci delle foto dove un po’ ce la meniamo. Non c’è nulla di male, è tutto nell’indole umana, quindi non mi viene da giudicare chi si fotografa per apparire in un certo modo online (sempre nel mondo di Instagram o Facebook, ma senza finalità lavorative in questo caso). Una persona è libera di fare quello che vuole quindi ha perfettamente senso utilizzare la macchina fotografica per farlo. Certo, è una situazione molto più leggera e meno importante delle prime due, però non ci vedo nulla di male nel fotografarsi per sentirsi in un certo modo. Che poi, volendo proprio vedere, questo discorso si rilega perfettamente al primo sotto molti punti di vista, ad uno stato d’animo e ad un bisogno (nascosto) di accettazione.
Autoritratti: gli strumenti necessari
Tre fondamentali, più i mezzi di supporto
Gli strumenti essenziali per fare autoritratti sono tre: una macchina fotografica, un cavalletto e un telecomando per lo scatto remoto (o uno smartphone con l’applicazione del produttore della camera). Questi sono gli unici mezzi essenziali, quelli senza i quali non potrete realizzarli. Una macchina fotografica serve per scattare, un cavalletto per dare supporto alla stessa e un telecomando remoto o l’app per far partire lo scatto remotamente, appunto. In realtà non è propriamente necessario avere il miglior treppiede per foto per fare autoritratti, basta anche un supporto qualsiasi (io speso utilizzo il mobile che ho in camera, per farvi capire), anche se è decisamente più consigliato. L’importante è avere qualcosa su cui poggiare la macchina fotografica in totale sicurezza, senza che corra il rischio di cadere e rompersi. Evitate, quindi, di posizionarla su staccionate o bancali poco saldi, per non dire sulla mensolina minuscola di certe finestre.
Esistono poi diversi strumenti che possono aiutarvi nella realizzazione di un autoritratto, anche se non sono assolutamente fondamentali: un fondale neutro, nel caso si volesse annullare il contesto, un flash, nel caso foste in uno studio o in una stanza con poca luce, e un pannello riflettente, comodo per riflettere la luce sulle zone d’ombra e rendere più omogenea l’illuminazione. Questi tre piccoli strumenti vi aiuteranno ad arrivare al risultato desiderato, a migliorare la qualità del vostro scatto e a renderlo più particolare. Ovviamente, vanno usati nel caso si rendessero necessari: se il vostro intento è quello di ambientare il vostro autoritratto non avrebbe alcun senso utilizzare uno sfondo neutro, perché decontestualizzerebbe il tutto. Se siete all’aperto e le condizioni di luce sono ottimali non c’è bisogno di utilizzare il flash, per intenderci.
La macchina fotografica e gli obiettivi
Qual è la fotocamera migliore con cui fare autoritratti? In realtà vanno bene tutte, anche se con alcuni strumenti il tutto viene più facile ed esteticamente superiore. Non voglio stare a parlarvi delle differenze tra i vari sensori (per quello c’è la nostra guida dedicata al sensore fotografico), ne farvi un ripassino alla fotografia di ritratto (per quello, invece, c’è la nostra guida alla fotografia ritrattistica). Se stessi qui a farvi tutti questi discorsi uscirebbe una guida di 25 mila ore, quindi mi concentrerò solo sulle nozioni che reputo veramente fondamentali per farsi un autoritratto. Vi consiglio comunque di leggere le due guide perché sono molto correlate agli autoritratti, quindi all’argomento di questo articolo.
Avere una macchina fotografica è essenziale perché, altrimenti, non riuscireste a fotografare (e fin qui, grazie al pifferaio magico). Ovviamente avere un mezzo con un sensore più grande migliora la qualità dell’immagine che si ottiene e la sua risoluzione, oltre ad una profondità di campo totalmente diversa e più tridimensionale. Questo non significa assolutamente che è necessario munirsi di una Full Frame per fare autoritratti, va bene anche una APS-C o una Micro Quattro Terzi. In realtà, se devo essere completamente onesto, ho visto scatti incredibili fatti con delle compatte con sensore da 1 pollice. Torniamo poi ad un discorso prettamente soggettivo: quanta qualità volete nei vostri ritratti? Quanta risoluzione e profondità di campo? Ci dovete lavorare o è mero sfizio personale? Sono tutte considerazioni da fare e che affrontiamo bene in ogni nostra guida all’acquisto.
Avere gli obiettivi giusti è molto più importante, nella fotografia di autoritratto. Il mio consiglio è di munirsi di una lunghezza focale fissa, quindi niente zoom, perché sono quelle che offrono un’apertura del diaframma maggiore e vi permetteranno di ottenere immagini più creative anche grazie all’utilizzo del bokeh. Le lenti fisse, normalmente, hanno anche una qualità migliore data proprio dalla loro costruzione interna, composta da meno elementi rispetto a quelle zoom. Tutti questi fattori contribuiscono ad ottenere un autoritratto di spessore qualitativamente ineccepibile, anche se come per ogni cosa potete realizzarli anche con il classico 18-55mm “fondo di bottiglia”. Bastano gli accorgimenti giusti e una buona dose di manualità e conoscenza della luce e della composizione fotografica.
Le lunghezze focali più utilizzate per fare autoritratti (nonché fotografia ritrattistica in generale) sono principalmente tre: 35mm, 50mm e 85mm. Escludiamo da questa lista i 90mm (rari) e i 70-200mm (usati esclusivamente nella fotografia di ritratto, difficili da utilizzare in questo genere), e affrontiamo un attimo le diverse lenti che vi ho citato. Un 35mm è un obiettivo grandangolare che offre una resa molto particolare che va padroneggiata. L’angolo di campo è ampio e, per questo motivo, posizionarsi troppo vicino potrebbe alterare i vostri lineamenti allungandovi il mento, il volto in generale e gli arti. Fatto sta che risulta una delle lunghezze focali migliori per ambientare il vostro autoritratto, quindi nel caso imparate bene ad utilizzarla. Il 50mm, contrariamente, è quella che più si avvicina al campo visivo dell’occhio umano e quindi restituisce a grosse linee un’immagine fedele da quasi tutte le distanze e, qualità da non sottovalutare, vi permette già ad occhio nudo di avere a grosso modo un’idea della porzione di spazio che rientra nell’inquadratura. L’85mm è una delle lenti più utilizzate nella fotografia di ritratto e può essere uno strumento perfetto anche per gli autoritratti. Molte delle immagini che realizzo per me sono fatte con questa lunghezza focale che, ovviamente, regala una profondità di campo ridotta e uno sfocato più deciso. Imparare ad utilizzarla è essenziale per riuscire a fare scatti unici che possono sfruttare anche il bokeh per diventare più interessanti.
Le luci
Nel caso voleste realizzare autoritratti in studio o in casa saranno necessarie delle luci, altrimenti vi ritrovereste a fotografare il buio o ad alzare la sensibilità ISO più del dovuto. La scelta varia tra le luci continue e quelle flash, oltre che nel costo e nella conseguente qualità delle stesse. Per iniziare a fare autoritratti potete tranquillamente acquistare o una luce continua di quelle softbox presenti su Amazon, o un flash non di chissà quale grande qualità. Sono mezzi di bassa caratura, è vero, ma per iniziare a prendere la mano con questo genere andranno più che bene e vi permetteranno di apprendere tutte le varie tecniche per realizzarlo.

Se poi l’arte dell’autoritratto diventerà per voi una vera e propria ossessione e linguaggio, potrete andare su strumenti più costosi e professionali che vi garantiranno un risultato decisamente superiore sotto tutti i punti di vista. Inizialmente, però, vi consiglio di stare su soluzioni economiche proprio perché potrebbe essere uno sfogo di un determinato periodo e se poi finiste ad abbandonare l’autoritratto vi ritrovereste con strumenti costosi a fare la polvere (nel caso non foste dei ritrattisti, in quel caso possono tornare utili per fotografare i modelli e le modelle).
Autoritratti: tipologia di scatto e composizione
Tipologia
Arriviamo ad un punto fondamentale di questa guida: che tipo di autoritratto volete fare? Importantissimo capire cosa volete ottenere, quale è il risultato a cui volete arrivare. Se il vostro scopo è quello di ambientare la scena allora dovrete cercare di contestualizzarla al meglio optando per un ambiente ideale, senza inserire nell’immagine cose poco inerenti. Immaginatevi di farvi uno scatto per lavoro, uno di quelli in cui dovete essere in giacca e cravatta e tramite il quale fare colpo sul vostro curriculum. Ora immaginatevi di vestirvi in questo modo e andare a farvi la foto in una ditta abbandonata piena di sporcizia, o davanti ad un muro pieno di graffiti. Capite voi stessi che il contesto stona particolarmente sia con l’abito indossato che con lo scopo di quell’autoritratto in particolare, quindi è essenziale scegliere bene la location. In questo caso, magari, in un bar carino o in piedi alla scrivania, giusto per intenderci.
Nel caso in cui il vostro intento fosse quello di concentrarvi solo ed esclusivamente sull’espressività e sulla vostra condizione, invece, il discorso cambia. Potete utilizzare uno sfondo neutro per fotografare solo il vostro volto e far sì che la concentrazione si riversi su di esso, senza che si perda verso altri oggetti presenti nella scena. Questo farà in modo di isolarvi completamente e mettere al centro della composizione i vostri occhi, il vostro stato d’animo e le vostre emozioni.

Composizione
Comporre nel modo corretto una fotografia è essenziale per darle forza comunicativa, questo vale in qualsiasi genere. Volete concentrarvi su di voi e sulle vostre emozioni? Provate a mettervi al centro del frame, fotografandovi in primo piano, proprio per enfatizzare il momento. Volete invece raccontare di voi e del vostro lavoro? Bene, immortalatevi in un contesto adeguato con un altrettanto adeguata composizione. Siete dei fotografi magari e avete bisogno di scatti per il vostro sito ufficiale e la vostra pagina Instagram? Afferrate un’altra macchina fotografica, se avete la fortuna di averla, e stringetela in mano facendo finta di scattare mentre in realtà vi state autoritraendo. Piccole tecniche ed accorgimenti essenziali in certi contesti.
Per quanto concerne la composizione fotografica nuda e cruda, ci sono varie tecniche che potete utilizzare nei vostri autoritratti: una composizione con l’occhio centrale, dove tutta l’attenzione è focalizzata al centro del frame, o seguire la regola dei terzi (sicuramente più utile quando state ambientando lo scatto), importante per contestualizzare il contesto in cui vi trovate e dare respiro. Le soluzioni sono davvero molte e nulla vi impedisce di provare cose creative, di andare contro le regole e realizzare scatti particolari ed unici. Nulla lo vieta, anche se per farlo serve una buona conoscenza della tecnica fotografica che deriva anche da tanta, tanta esperienza sul campo. Quindi, nel caso non aveste una grande dimestichezza, vi consigliamo la lettura della nostra guida alla composizione fotografica.
Autoritratti: l’illuminazione
L’illuminazione è tutto, in fotografia. Fotografia significa letteralmente scrivere con la luce, quindi anche per gli autoritratti dovete scegliere il tipo di illuminazione adeguato allo scatto che volete ottenere. Se state cercando di rappresentare uno stato d’animo felice è più consona una luce omogena e bella accesa, mentre se volete raccontare uno stato di tristezza è più indicata una cupa o soffusa. Negli scatti di lavoro invece è bene alternare le due tipologie, abbinandole ai vari contesti e cercando sempre di restituire un’immagine professionale.

Una delle illuminazioni più semplici in fotografia, utilizzata in pittura (dalla quale deriva) e nella fotografia di ritratto in generale, è la luce Rembrandt, nome ispirato all’omonimo pittore e che può essere ottenuta con una o due luci e aiuta ad avere una maggiore tridimensionalità. Questa tecnica (che è anche quella che vi consiglio per iniziare) è caratterizzata da un triangolo luminoso sotto gli occhi, timbro stilistico che richiama i ritratti pittorici del noto autore. La luce piena è tra le più classiche ed utilizzate e, come dice la parola stessa, vi permetterà di essere completamente illuminati. Mettendo una luce di lato si può ottenere una luce di taglio, utile per illuminare esclusivamente una parte del vostro volto o corpo. Ci sono tante tipologie di illuminazione in studio e ognuna risulta perfetta in base alla fotografia che volete ottenere.
Nelle tre immagini qui sotto ho provato a sperimentare con una softbox una sottospecie di luce di taglio. Gli scatti sono ambientati in casa ma, posizionando la fonte luminosa nel modo corretto, sono riuscito a creare un’atmosfera cupa e dark, perfetta per gli scatti cinematografici che avevo intenzione di realizzare.
Se scattate autoritratti in esterna il discorso cambia: la luce del giorno può essere una grande alleata tanto quanto un’acerrima nemica. Scattare nelle ore più calde e luminose della giornata è sconsigliato, soprattutto in estate, ed è meglio avere una situazione omogena a meno che non state ricercando degli effetti di luce particolari con dei contrasti accentuati. L’orario più consigliato quindi è quello in cui la luce è meno dura e forte, anche se ottimi risultati si possono ottenere anche fotografando in controluce e sfruttando il flare ( i raggi del sole che colpiscono la lente fotografica riflettendosi sulle lenti interne) per creare degli effetti particolari. Scattando in esterna potrebbe tornarvi utile un pannello riflettente, anche se dovrete trovare il modo di posizionarlo essendo magari da soli e non avendo un assistente che lo tenga per voi.

Autoritratti: piccoli consigli
Arrivati a questo punto della guida alla fotografia di autoritratti, viene abbastanza facile capirne il meccanismo: semplicemente dovete prendere la macchina fotografica, metterla in manuale e regolare il triangolo dell’esposizione nel modo corretto per il risultato che si vuole ottenere. Fatto questo posizionatela su un treppiede, afferrate il telecomando remoto o aprite l’applicazione proprietaria del brand sullo smartphone, e scattate. Ricordatevi sempre una cosa fondamentale, in cui spesso mi imbatto anche io: se volete mostrare maggiormente uno dei due profili del volto, dovete mostrare quello opposto perché l’immagine che si ottiene in fotografia è specchiata. Questa cosa viene naturale mentre si scattano altre persone perché si ha una visione in tempo reale della resa, mentre è molto più difficile da fare quando si realizzano autoritratti.
Un piccolo consiglio che vi voglio dare è quello di non stare troppo in pensiero, nel caso non riusciste ad ottenere dei grandi risultati fin dall’inizio: fare autoritratti non è affatto semplice e possono servire ore e ore di allenamento prima di ottenere delle foto soddisfacenti. Voi non demordete e continuate a provare inquadrature e tipologie di illuminazione, alla fine il risultato arriverà. Sfruttate anche quello che trovate in casa per testare delle situazioni “cinematografiche”, come ho fatto io nella serie sopra con il cappello immedesimandomi in un contesto tipico dei western, o in quella che vi mostro subito qui sotto in cui ho (maldestramente) imitato una situazione da film d’azione.
Autoritratti: conclusioni
Siamo arrivati alla fine di questa guida sugli autoritratti e spero fortemente che vi sia stata utile. Abbiamo visto come questo linguaggio fotografico abbia fondamenta molto radicate nella storia e, soprattutto, un’importanza sociale e culturale immensa. Farsi un autoritratto non è farsi un selfie, e non lo sarà mai. Farsi un autoritratto è raccontarsi, mostrare le proprie emozioni o parlare della persona che siamo e del lavoro che svolgiamo. E, perché no, è anche un esercizio di stile e un modo per farci foto carine da pubblicare online.
Spero fortemente che questi consigli vi siano stati utili nel vostro percorso fotografico. Voglio ricordarvi che, nel caso foste interessati, noi di FotoNerd abbiamo stilato una serie di guide su come fotografare che potete consultare nell’apposita sezione del sito.
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