Oscurità, sogni, decadenza, bellezza, luce, depravazione, esagerazione e maestosità. Potremmo raccontare il nuovo film di Damien Chazelle, regista che negli ultimi anni si è confermato stella del firmamento cinematografico grazie a capolavori assoluti, con queste parole. Perché sì, la sua nuova fatica è un concentrato di tantissime cose diverse che raccontano e rivelano ma contemporaneamente nascondono e lasciano intendere tra le righe. Ecco la recensione senza spoiler di Babylon
Babylon recensione: introduzione
Ho avuto il piacere di vedere il nuovo film di Damien Chazelle al The Space Cinema Odeon di Milano, una location che amo particolarmente per le anteprime perché suggestiva. Non vi nascondo che sono arrivato al cinema con delle aspettative enormi: il regista statunitense classe 1985 è uno dei miei preferiti, anche perché negli ultimi anni ha realizzato dei capolavori assoluti come Whiplash, La La Land (nella mia top 3 di sempre) e quella perla forse fin troppo sottovalutata e non compresa fino in fondo di First Man. Se a questo ci aggiungiamo un trailer per nulla rivelatore, capace di raccontare qualcosa del contesto in cui il film si ambienta ma solo piccoli scorci di trama non ben definiti, è facile capire il perché fossi così gasato. Sarà riuscito a conquistarmi? Mettetevi comodi, ci sono un po’ di cose da dire in questa recensione di Babylon.
Babylon recensione: scheda tecnica
Babylon è la nuova fatica cinematografica di Damien Chazelle, che ne ha curato anche la sceneggiatura. La produzione è targata Paramount Pictures, Marc Platt Productions e Material Productions, ed è distribuito nelle sale cinematografiche italiane da Eagle Pictures. I produttori troviamo Olivia Hamilton, Marc Platt e Matt Plouffe, mentre i produttori esecutivi sono Michael Beugg, Helen Estabrook, Tobey Maguire e Adam Siegel.
La fotografia è curata da Linus Sandgren, il montaggio da Tom Cross e le musiche da Justin Hurwitz. Le scenografie sono opera di Florencia Martin e Anthony Carlino, mentre i costumi sono ricamati da Mary Zophres. La durata del film è di 189 minuti.
Il cast di Babylon è composto da Brad Pitt, Margot Robbie, Diego Calva, Jovan Adepo, Tobey Maguire, Eric Roberts, Samara Weaving, Flea, Jeff Garlin, Katherine Waterston, Max Minghella, Lukas Haas, Olivia Hamilton, Li Jun Li e Jean Smart.
Babylon: la recensione in punti
L’ascesa al cielo, la caduta negli abissi
Il caos che ha logica, l’illogicità che trova la sua espressione massima. Esagerato, anacronistico in molti momenti, pungente, surreale, prepotentemente viscerale e in parte anche volutamente insensato. Babylon è tutto e niente, il niente e il tutto racchiusi in più di tre ore che scorrono via abbastanza bene al netto di qualche scena di troppo nell’ultima ora che, a tagliarla, avrebbe reso la visione più fruibile e meno “pesante”. Non è un film leggero, ma trasuda leggerezza e il ritmo forsennato, scandito sulla colonna sonora incredibile di Justin Hurwitz (che si è portata a casa il Golden Globe), è protagonista stesso, elemento cardine tramite il quale catturare lo spettatore e accompagnarlo in un vorticante susseguirsi di eventi che appaiono quasi slegati tra loro ma sono, difatti, un tutt’uno. Il talento di Chazelle di rendere la musica un elemento cardine dei suoi film è ormai consolidato, ma mai come in questo caso il regista ha voluto andare oltre e superare i suoi limiti. Con un risultato che in parte è ben riuscito e in parte no.
Non è semplice descrivere il nuovo film di Damien Chazelle perché come ho appena scritto il regista non si era mai spinto così in là, non aveva mai osato così tanto. Seppur prenda spunto dai sogni di La La Land e dalla tragicità di Whiplash, è qualcosa di diverso. Completamente, diverso. Pur richiamando i suoi film del passato è permeato di drammaticità anche quando la comicità domina lo schermo. Si ride, guardando Babylon, ma non è mai una risata da commedia pura e semplice: si trasforma quasi in esasperazione voluta, desiderata, utile a farci capire che non stiamo guardando un bellissimo sogno ma un incubo destinato a una sola conclusione.
Babylon racconta l’ossessione di arrivare sotto i riflettori, di compiere qualcosa di importante nella propria vita, di resistere all’inevitabile declino che, prima o poi, colpisce tutti. Soprattutto gli attori. Il cammino di Nellie LeRoy (Margot Robbie), Jack Conrad (Brad Pitt), Manuel Torres (Diego Calva) e Sydney Palmer (Jovan Adepo) è diverso ma uguale, un percorso che conduce alla caduta dall’Olimpo, una discesa senza freni verso gli abissi più profondi di un mondo che non perdona e non dimentica. Mai. Un mondo che ti divora, che ti apre e si nutre delle tue viscere.
Manuel, così come Nellie LeRoy, vorrebbe realizzare qualcosa di importante, cavalcare uno di quei set cinematografici che tanto sono in grado di realizzare i sogni e farti diventare chi vuoi. Jack Conrad è già un attore di successo internazionale e deve resistere al cambiamento, all’evoluzione del mondo che si divora coloro che restano indietro anche solo di un passo. Sydney, dal canto suo, è un musicista jazz di colore che si trova a combattere non solo con il razzismo dell’epoca ma anche con un mondo che forse non gli appartiene del tutto. Storie diverse, intrecciate come nodi di una corta da Chazelle che non ha paura di sperimentare e portare oltre il conosciuto lo spettatore in sala. Il regista riesce a metà in questa impresa, perché non tutti i personaggi (Sydney su tutti) hanno la stessa qualità di scrittura, finendo un po’ ad essere macchiette di sfondo utili più a contestualizzare l’ambientazione che ha mandare avanti la trama.
Tra sogni e realtà
Babylon ha tantissime chiave di lettura diverse: in Manuel Torres vediamo il “runner” (per usare un termine cinematografico), il ragazzo tuttofare e galoppino che riesce a trovare la sua strada e arrivare in alto. Nel personaggio di Nellie LeRoy vediamo invece l’astro nascente più puro e splendente, quella cometa che brucia talmente forte da spegnersi velocemente. In Sydney troviamo un personaggio che vorrebbe entrare in un mondo ma poi capisce che non è quello che voleva davvero, mentre Conrad rappresenta l’incapacità di adattarsi al cambiamento, di trovare una soluzione per ritornare ad essere il personaggio che è sempre stato.
Il nuovo film di Damien Chazelle è esagerato, come scritto sopra, e lo si nota fin dalla prima scena: senza farvi troppi spoiler, un elefante si mette a defecare contro un essere umano. La scena dopo vediamo una donna urinare addosso un uomo compiaciuto del gesto. Perdizione, ossessioni, decadenza e nostalgia vengono miscelate nel migliore dei modi e nascoste dietro lo sfarzo di feste che non hanno freno, nottate che paiono non terminare mai, sorrisi finti che nascondono lacrime profonde. Vi avviso: Babylon non è un film pudico, è sporco, sudicio quasi, volutamente spinto oltre ogni limite sia nella regia sia nei discorsi che non risparmiano battute squallide di stampo razziale (alla fine, ricordiamolo, sono gli anni ’20 e ’30 ed era normale), frecciatine che oggi andrebbero contro qualsiasi pensiero politically correct e inquadrature talmente pompose da far girare la testa. Babylon è un film a tratti surreale e impossibile sia da definire sia da catalogare in questa recensione, che ha il grande merito di immergere lo spettatore in un tornado di situazioni.
Tutto questo mi è piaciuto tantissimo perché è lo specchio perfetto di un’epoca che oggi non esiste più ma non è mai stata dimenticata. Lo specchio di problemi e tematiche che, nonostante siano passati ormai cent’anni, ancora ci portiamo dietro come una maledizione. Babylon è Babilonia, la città mitica che provò a sfidare Dio con la torre di Babele e Dio punì. Il titolo non è un caso, e non lo è nemmeno il fatto che si contrapponga così prepotentemente a quel sogno bellissimo seppur triste di La La Land: se ne mantiene in parte lo spirito, il nuovo film di Chazelle racconta sempre di sogni ma infranti, del lento e inesorabile passaggio al mondo oscuro.
Oltre ogni limite
Centrale, nella pellicola, è il tema del cambiamento. Attraverso il passaggio dal cinema muto a quello sonoro, Chazelle racconta la vita dei suoi protagonisti in un turbinio insensato e illogico che intreccia erotismo, pathos, malinconia e volubilità. Racconta di Dei caduti a terra e incapaci di rialzarsi, di uomini e donne che si sentono star ma che alla fine vengono travolti dalla valanga del nuovo che avanza e dei castelli di carta che hanno costruito.
Babylon è un film che, per i meno attenti, potrebbe sembrare caos puro, senza alcuna logica e senso. In parte, è così. Il punto focale però è proprio questo: Damien Chazelle ha voluto esagerare oltre ogni limite per abbattere l’armonia e la verità, per descrivere nel migliore dei modi l’ossessione. Lo fa attraverso una regia maestosa, lirica, ricca di virtuosismi a volte fini a se stessi ma per la maggior parte utili a farci entrare nelle atmosfere del film, a farci dire “Wow!”, a farci battere le mani con forza. Piani sequenza, jump cut, passaggi di scena al limite della perfezione: il regista ha sperimentato oltre ogni limite, esasperando le sequenze già immortali di La La Land e portandole su un altro livello.
La fotografia di Linus Sandgren è perfetta in ogni frame e aiuta tantissimo lo spettatore ad immergersi nelle atmosfere sognanti e fatiscenti di quell’Hollywood dimenticata. La colonna sonora, come scrivevo sopra, è protagonista assoluta e il jazz accompagna ogni secondo della visione. Che Damien Chazelle fosse un grande appassionato di musica non era un mistero anche perché tutte le sue pellicole lo raccontano senza celarlo, ma qui è andato oltre e insieme a Justin Hurwitz ha creato una miscela esplosiva e letale.
Amore e odio
Ciò che trasuda in Babylon e che non posso omettere dalla recensione è l’amore viscerale che Damien Chazelle prova per il mondo del cinema. Lo si percepisce quando ci mostra i dietro le quinte dei film, quando i suoi personaggi parlano, in un finale unico nel suo genere. Un mondo che lo ha accolto e di cui si sente parte, con i suoi pregi e difetti. In questo, Babylon è molto simile a The Fabelmans, anche se qui ho avuto molto più la sensazione di un omaggio sfrenato a un’epoca che non esiste più ma che è stata fondamentale per l’evoluzione del settore. Un omaggio bellissimo che il regista ha voluto regalarci, pura poesia in movimento che ci rivela come si realizza quella “magia del cinema” che dopo oltre cent’anni ci fa innamorare ogni volta.
Al contempo, però, ho letto in Babylon l’odio per il mondo del cinema, l’accettazione e la rassegnazione a un universo che è capace di divorarti in qualsiasi istante anche dopo aver realizzato un successo globale. Un luogo dominato da leggi molto chiare che non si affidano all’amore e alla gratitudine ma alla logica del caos e degli incassi. Il mondo del cinema è questo, alla fine: domani sei una stella in ascesa e il giorno dopo nessun si ricorda chi sei, il tutto nel vorticante turbinio degli eccessi più sfrenati. Ho percepito tantissima tristezza e nostalgia in Babylon, così come tantissima delusione e rabbia. È un film complesso, dalle innumerevoli chiavi di lettura che a una prima visione potrebbero frastornare e lasciare interdetti. Chazelle si dimostra un regista dal talento cristallino e indiscutibile, forse uno dei pochi al giorno d’oggi capace di miscelare con così tanta bravura tantissimi elementi diversi dando vita sempre a qualcosa di nuovo capace di spingersi oltre il conosciuto.
Pregi e difetti
Babylon non è un film perfetto e, cosa più importante, non è un film per tutti. La regia di Chazelle è maestosa e unica, la fotografia spaziale e le musiche una goduria. Le prove attoriali riescono a colpire lo spettatore e a lasciare il segno: Brad Pitt interpreta divinamente il suo ruolo che, in certi frangenti, sembra proprio essergli stato ricamato addosso basandosi sulla sua storia. Margot Robbie è sensuale, erotica, sfrenata e fastidiosa come mai prima d’ora, una forza della natura che non può essere fermata se non da se stessa e dai propri errori. Diego Calva, però, si prende il palcoscenico con una prova attoriale davvero fenomenale che, oltre ad avere delle linee di dialogo efficaci e ben scritte, ci parla con gli occhi, con il suo sguardo sognante e al contempo nostalgico. Nota di merito anche per Tobey Maguire, che interpreta un personaggio totalmente fuori dagli schemi, e Li Ju Li.
Al netto di tutta una serie di pregi, in questa recensione mi tocca ammettere che Babylon non è il miglior film di Chazelle. Personalmente continuo a preferire sia La La Land sia First Man, perché seppur incredibile mi ha dato poche emozioni. Babylon ti cattura per il suo ritmo fuori da ogni logica, per i suoi personaggi carismatici ma, almeno per me, ha il difetto di emozionare poco e niente. La tragedia è lì, sempre costante e dietro l’angolo, come il respiro di qualcuno dietro alla nuca. Eppure, anche nei momenti più devastanti, non ho provato quel dolore e quell’empatia che ho sentito nei suoi film precedenti. Le tante linee narrative di Babylon non aiutano in questo senso, soprattutto perché alcuni personaggi sono raccontati meglio di altri e il rapporto tra gli stessi spesso è spezzato da scene di contorno che però si fanno troppo lunghe e pressanti. Queste staccano la spina emotiva dello spettatore e quando due personaggi si incontrano nuovamente e ci dovrebbe essere da piangere, non si piange.
Babylon, l’avrete capito durante la lettura della recensione, è una bellissima cometa, proprio come le storie che racconta, ma talmente fugace da non lasciare il segno almeno sul fronte emotivo; non abbiamo avuto il tempo di affezionarci. Non aiuta, poi, una durata forse eccessiva: seppur i 189 minuti passino relativamente bene, se ne avessero tagliati una ventina non avrebbe guastato ma anzi avrebbe favorito la visione e forse avrebbe reso più forte l’attaccamento emotivo ed empatico ai personaggi. Personaggi che restano dentro per come sonno raccontati, ma che sembrano sconosciuti alla fine del film, proprio come gli attori che vediamo sul grande schermo quando vengono trasportati nella vita reale.
Il troppo, poi, un po’ stroppia: seppur sia l’esaltazione massima della regia e della messinscena, un prodotto confezionato ad arte e che probabilmente non ha eguali, a volte è davvero troppo. Le linee comiche e drammatiche non funzionano bene allo stesso modo, e soffre di equilibrio (anche se penso che questa sia una cosa voluta dal regista). Può piacere o meno, è un difetto e un pregio al contempo. Dipende da chi guarda.
Babylon: conclusioni
Per tirare le somme in questa recensione, Babylon è un film complesso. Fa del caos, del disordine ordinato, della logica illogica, del rumore e dei silenzi, della commedia e della tragedia i suoi punti di forza. E’ tutto e niente, un racconto divino ambientato nella terra degli umani più umani di tutti che però vediamo come esseri irraggiungibili e perfetti in ogni sfaccettatura. Chazelle ci racconta l’ascesa e la decadenza, ci porta dentro i meandri di un mondo passato ma mai dimenticato fatto di sogni, ossessioni e ambizioni che portano prima alle stelle e poi negli abissi. Lo fa attraverso la sua regia più maestosa e riuscita, una fotografia bellissima che eleva le scenografie e i costumi, una colonna sonora persistente che diventa protagonista assoluta in un walzer destinato a lasciare il segno. Le chiavi di lettura si moltiplicano, il rimo è forsennato e, come i protagonisti, siamo chiamati ad abbracciare e resistere al cambiamento, alla logica del caos. Al netto di un minutaggio eccessivo, di una scarsa empatia con i personaggi e un equilibrio non perfettamente calibrato, che per me restano punti abbastanza importanti, Babylon è un film da vedere assolutamente per diversi motivi: in un’epoca sempre più schiava delle produzioni fini a se stesse e di veloce consumo, questa è una perla. Un racconto unico, un’esperienza cinematografica meravigliosa da vivere assolutamente in sala, un film d’autore di qualità che ci ricorda ancora una volta perché amiamo il cinema. E la sua magia.
Recensione in breve
Babylon
Con Babylon, Damien Chazelle si è spinto oltre i propri limiti confezionando un film d'autore capace di travolgere lo spettatore con un ritmo forsennato, scene esagerate e surreali, caos, nostalgia e amore. Un omaggio al mondo del cinema ma, al contempo, una critica forte e urlata, un confronto diretto con tutto ciò che oggi rappresenta. L'ascesa e la caduta, la decadenza e la bellezza, la logica e il senso di caos perenne. Il cambiamento, l'accettazione di sé e del proprio cammino. Babylon ha tantissime chiavi di lettura diverse, è una meraviglia per gli occhi ed è un'esperienza cinematografica da vedere e vivere nonostante soffra di un minutaggio esagerato e di una scrittura che non permette un'empatia totale con i personaggi. Dalla terra dei sogni di La La Land a quella degli abissi di Babylon, Chazelle ci è riuscito ancora a lasciare il segno.
PRO
- Regia maestosa
- La colonna sonora di Justin Hurwitz
- Ottimo cast
- Scenografie, costumi, fotografia. Tutto
- Un omaggio bellissimo al mondo del cinema e al contempo una critica forte
- Volutamente esagerato, surreale e senza equilibrio
CONTRO
- Una ventina di minuti di troppo
- Poca empatia con i personaggi
- Non tutti i personaggi hanno la stessa qualità di scrittura
- Volutamente esagerato, surreale e senza equilibrio