Morire per farsi una foto: ne vale la pena? Arriva dall’Australia l’ennesima notizia di una persona morta nel tentativo di farsi un selfie, in questo caso una donna di 38 anni. Cerchiamo di capire perché le persone sono spinte così agli estremi da questo fenomeno e di cosa esso significhi all’interno della società attuale.
Donna morta per un selfie: la domanda è: “Perché?!”
Come riportato sulle pagine di Fstoppers, in Australia una donna di 38 anni è morta mentre cercava di realizzare un selfie. Il fatto è avvenuto presso il famoso Boroka Lookout nel Grampian National Park, dove lei avrebbe intenzionalmente (e imprudentemente) scavalcato la staccionata per farsi una foto, ritrovandosi davanti ad uno strapiombo. Una volta oltre è scivolata precipitando per ben 80 metri, il tutto davanti agli occhi inorriditi della sua famiglia. Nonostante siano state erette barriere, apposti avvisi in ogni angolo e ringhiere, questo rimane uno dei punti australiani più gettonati dai fotografi social, che non vedono l’ora di arrivarci per realizzare degli scatti e ottenere consensi. Molti se ne fregano degli avvisi arrivando a mettere a rischio la loro vita, per una singola fotografia. E quando succedono queste cose, scusate la schiettezza, se la vanno anche a cercare.
La questione di questa donna morta per un selfie (e non è l’unica: negli ultimi anni sono davvero tante le persone che ci hanno lasciato mentre cercavano di fotografarsi in un luogo pericoloso) apre un dibattito importantissimo: perché la gente rischia così tanto per farsi un autoscatto? La colpa, dal mio punto di vista, è da ricercare nella società attuale: viviamo in un’epoca di incredibile pochezza culturale, nell’era dell’apparenza che vince su tutto il resto e della necessità di ricevere consensi virtuali e finti che ci facciano sentire importanti e appagati. Abitiamo i social network, Instagram su tutti, come vere e proprie città da venerare, luoghi in cui poter essere qualcuno di “rinomato e rispettato”. Negli ultimi dieci anni abbiamo visto tantissime persone rischiare la vita per farsi dei selfi in condizioni pericolose, che fossero luoghi proibiti o in prossimità di animali ai quali è meglio non avvicinarsi. Tutto questo è da ricercare nel bisogno di consenso, perché oggi ci hanno convinti che senza un’importanza sociale virtuale non siamo nessuno. I social network (il luogo più antisociale della storia) sono il punto cardine del discorso. La colpa è loro? No, assolutamente: la colpa non potrà mai essere di un luogo, fisico o meno, ma delle persone stesse. Noi, con le nostre scelte, abbiamo dato così tanta importanza e potere a questi luoghi, arrivando ad esserne soggiogati in tutto e per tutto. Noi ci siamo convinti che senza un tot di likes non siamo nessuno, quando invece siamo Tutto.
Donna morta per un selfie: ricordarsi che siamo persone
Una vicenda triste che ne richiama tante, troppe altre. Dobbiamo ricordarci di essere persone e che una fotografia non vale la nostra vita, nemmeno se potrebbe farci ottenere migliaia di “mi piace” e un consenso smisurato nel fantomatico e insensato mondo dei social network. Non rischiate di morire per queste cazzate. E sì, lo voglio proprio dire con questo termine. Siete stupidi, in tutto e per tutto. Nel farlo, state dando importanza alle futilità del mondo odierno e vi state mettendo voi stessi nelle condizioni di far accadere una tragedia. Per cosa, mi chiedo io. Per cosa?
Non buttate via la vostra vita per piacere agli altri, tantomeno su dei canali virtuali e privi di quella socialità di cui si fanno (fieri) portatori. Non fatelo, mai. La vostra vita vale più di qualsiasi altra cosa, vale molto più di uno stupido selfie. Questo è un discorso complesso che meriterebbe di essere approfondito, in futuro. Il mio auspicio è che non siate così narcisisti e stupidi da mettere a repentaglio la vostra incolumità. Magari, un giorno, lo approfondiremo meglio.