“This is what we are “: ricordatevi queste parole perché, durante questo editoriale in cui andrò a parlarvi della mia esperienza al Festival della Fotografia Etica di Lodi 2021, ritorneranno a più riprese. Abbiamo avuto il piacere di essere stati invitati a questa dodicesima edizione e, insieme ad Alberto Prina, organizzatore del festival, abbiamo potuto addentrarci nella sua storia e nel suo spirito. Eccovi le nostre considerazioni.
Festival Fotografia Etica 2021: This is what we are
Come redazione, abbiamo avuto il piacere di essere invitati da Fujifilm a visitare la dodicesima edizione del Festival della Fotografia Etica di Lodi, evento che nel corso degli anni è mutato e si è radicato sotto la pelle di una città piccola ma molto bella e di cui il brand fotografico è sponsor partner da otto anni. Una volta arrivato l’invito, non abbiamo esitato un secondo e siamo partiti alla volta del lodigiano per ammirare le mostre che compongono il festival, dislocate in varie sedi facilmente raggiungibili a piedi dalla piazza principale. Cosa posso dirvi? Come per le scorse edizioni, il viaggio è stato ampiamente ripagato da racconti unici e dall’incredibile impatto emotivo, da immagini che non sono solo immagini ma diventano il veicolo per mandare un messaggio, farci conoscere le storie dimenticate del mondo, aiutarci a risvegliare sensazioni ed emozioni che credevamo assopite da qualche parte dentro di noi.

Perché “This is what we are“? Il significato ce lo ha raccontato Alberto Prina, organizzatore del Festival della Fotografia Etica di Lodi, che abbiamo incontrato per una visita guidata in cui ci ha raccontato le origini della manifestazione, la sua evoluzione nel corso degli anni e l’importanza che ha sempre più avuto nel panorama italiano. Inoltre, Alberto ci ha regalato una panoramica generale sull’edizione 2021 e ci ha accompagnati come guida speciale a Palazzo Brani dove vengono esposte le diverse storie del World Report Award. Il significato di queste parole, da lui pronunciate, si racchiude nell’immagine simbolo utilizzata per questa edizione, realizzata dal maestro Eugene Richards: Alberto, quando insieme al team creativo doveva scegliere quale fotografia potesse rappresentare il festival, decise di contattare il fotografo dicendogli: “This is what we are“, ossia “Questo è quello che siamo“. Un’immagine forte, simbolo di tutti noi e per forza di cose emblema e bandiera di un festival che voleva (ed è riuscito) rappresentare la resilienza, la forza di riprendersi in mano la vita, le persone che hanno combattuto e sofferto. Questo è quello che siamo, perché siamo un tutt’uno e non bisogna mai dimenticarlo.
Festival Fotografia Etica 2021: le mostre
Racconti che sanno scalfire l’anima
Siamo arrivati di prima mattina a Lodi, pronti per intraprendere il viaggio attraverso le diverse esposizioni. Tutte, in modo diverso, sono riuscite a scalfirci dentro, arrivandoci al cuore: Mattia Marzorati, per esempio, ha raccontato una tematica che personalmente sento molto vicina, ossia quella legata allo sviluppo di Brescia e provincia (abito a Bergamo). Ha mostrato, con uno stile visivo semplice e diretto, le lacune legislative nella regolamentazione dello smaltimento dei rifiuti, il traffico illegale degli stessi, l’incidenza dei tumori e di altre patologie che, nella zona, è molto più alta rispetto al resto d’Italia, fino alle aree intorno a Montichiari ricche di cave di estrazione che hanno dato forza al business malavitoso.
Ammirare il lavoro dei fotografi dell’AFP Photo (Agence France Press) inerenti gli scontri dopo l’omicidio di George Floyd o i dieci anni di conflitti in Siria; fermarsi ad osservare estasiati cinquant’anni di reportage nel Delta dell’Arkansans da parte di Eugene Richards; veder riaffiorare alcuni ricordi osservando le Generazioni Future immortalate da Daniele Vita; commuoversi pensando a quanto siamo fortunati quando ci ritroviamo davanti a “Exodus“, il reportage di Nicolò Filippo Rosso capace di vincere il World Report Award; Alfredo Bosco che ci narra del crimine a Guerrero, in Messico, zona con un tasso di omicidi rimasti impuniti del 96% e costantemente sotto la dittatura dei gruppi armati che si contendono il controllo della droga: tutti questi racconti sono unici, diversi, tangibili. Sanno comunicare, parlare attraverso gli sguardi, gli angoli remoti del mondo. Entrano dentro e, quando lo fanno, lo fanno fino a farti stare male, fino a scalfirti in modo irreversibile.
Come rimanere, poi, illesi da una serie di fotografie che raccontano il rapporto conflittuale tra una madre e il figlio? E come è possibile rimanere impassibili davanti alla danza di una ragazza che non si è mai sentita a suo agio nel proprio corpo, arrivando negli anni a dilaniarlo in cerca di una risposta o di un (apparente) sollievo? Tutti racconti che, in un modo o nell’altro, sono riusciti a farci riflettere e regalarci emozioni diverse. Personalmente, avreste dovuto vedermi: passavo da uno stato emotivo all’altro nel giro di due secondi, passando dall’essere entusiasta per una composizione al farmi scivolare una lacrima lungo la guancia per un racconto capace di colpirmi nel profondo. E questo è merito non solo delle incredibili immagini ma anche dell’organizzazione del festival che ha saputo, in modo egregio, selezionare storie capaci di toccare l’anima.
Exodus: il racconto di un viaggio senza fine
Vorrei prendermi alcune righe per parlarvi di Exodus, il reportage fotografico che ha permesso a Nicolò Filippo Rosso di vincere nella categoria principale del concorso World Report Award. Non voglio parlarvi di tecnica, della macchina fotografica utilizzata o di altre cavolate del genere perché non sono, nel senso più assoluto, la cosa più importante. Certo, la fotografia è anche estetica e su questo non ci piove, ma non è essenziale. Vi basti sapere che, a livello di composizione, luci e tecnica, gli scatti di Nicolò sono incredibili e capaci di rapire immediatamente l’occhio. Ma no, non voglio andare oltre in questo discorso perché voglio parlarvi del progetto e della sua anima, delle sensazioni che mi ha fatto insorgere.
In America Latina, una terra che soffre di mancanza di opportunità lavorative e istruzione, con la corruzione politica e sociale dietro l’angolo di ogni via, il fotografo ha passato quattro anni lungo le rotte migratorie documentando il viaggio di rifugiati e migranti del Venezuela alla Colombia e dall’America centrale al Messico e agli Stati Uniti. Un racconto crudo e vero che viviamo attraverso gli occhi di uomini e donne che hanno invaso le loro giornate di resilienza, di bambini nati senza patria, di anziani che soffrono ma non vogliono arrendersi. Il viaggio di migranti che, per diverse ragioni, scelgono di scappare e abbandonare il luogo che chiamavano casa, con la costante paura di non farcela e di venire arrestati e picchiati (o peggio, uccisi). Tutto per iniziare un nuovo capitolo della loro vita, lasciandosi alle spalle il male vissuto.
Nicolò Filippo Rosso ha dominato il World Report Award, arrivando infine a vincere uno dei premi più importanti al mondo nel campo del fotogiornalismo: l’Eugene Smith Grant. Ammirare Exodus è stato illuminante e mi ha fatto capire che spesso molti autori poco conosciuti (io, lo ammetto, non lo conoscevo) riescono a realizzare storie incredibili ma che, altrettanto spesso, non vengono ammirate perché rimangono relegate e di nicchia. Non è il suo caso e, dopo la vittoria dell’Eugene Smith Grant, sono sicuro che sentiremo ancora parlare di lui, pronto a lanciarsi a documentare nuove realtà.
Festival Fotografia Etica 2021: la forza della narrazione
La narrazione, il più potente e ammaliante strumento per arrivare al cuore e raccontare il mondo. La fotografia, intesa non come mero esercizio estetico ma come strumento per veicolare un messaggio e raccontare il mondo, non può trascendere dalla narrazione e il Festival della Fotografia Etica di Lodi 2021 vuole spingere fortemente su questo perché, come dichiarato anche da Alberto, è l’unico modo per arrivare alle persone. Ed è forte, in tutte le mostre che ne compongono il mosaico. Fortissima.
La fotografia è uno strumento potente e ogni volta che assisto a esposizioni di questo tipo, non lo nego, mi viene voglia di tornare a casa e progettare un reportage che abbia un valore sociale. Il Festival della Fotografia Etica di Lodi poggia da più di una decade le sue fondamenta in questo concetto di estrema importanza e vederlo è qualcosa di inappagabile, ancor più perché è un evento indipendente che prende vita dalla volontà di fare cultura, dai partner che scelgono di supportarlo e dai volontari (oltre 350, quest’anno) che scendono in prima linea per far sì che tutto si svolga nel migliore dei modi. Un mondo a parte, un ecosistema dedicato all’arte della cultura fotografica di cui, nel mondo delle frivole e veloci immagini in cui viviamo, abbiamo assolutamente bisogno.
Festival Fotografia Etica 2021: alla prossima edizione
Cosa dire, arrivati a questo punto? Il nostro consiglio è quello di andare a vedere il Festival della Fotografia Etica di Lodi 2021, anche se ormai manca poco tempo: la manifestazione è aperta durante i weekend e l’ultimo sarà quello del 23 e 24 ottobre. Quindi affrettatevi perché, davvero, saprà smuovervi dentro qualcosa e vi farà venire voglia di scoprire il mondo, le storie delle persone e di fotografarle per raccontarle. Un festival unico e importante che con questa edizione, arrivata tra tutte le difficoltà dell’era post Covid, si è consolidato ancor più nel panorama italiano. Un festival che, con le sue storie, ci ricorda che siamo esseri umani e, come tali, siamo un tutt’uno. Ricordatevi: This is what we are.
Per maggiori informazioni vi invitiamo a visitare il sito ufficiale.