Il green screen è una tecnica che viene utilizzata per sostituire lo sfondo di un video. Viene largamente utilizzata in tutte le produzioni cinematografiche che fanno ampio uso degli effetti visivi, come ad esempio i film di supereroi o dei mondi fantascientifici. Ma vi siete mai chiesti come funziona o come è stato inventato il green screen? Oppure come potete replicare voi stessi questo effetto tramite le svariate applicazioni che lo consentono? Se la risposta è sì, allora seguiteci in questa guida dove vi parleremo di tutti i suoi segreti.
Green screen: cosa è
Iniziamo con lo specificare che “green screen” è solo il nome più comunemente usato per indicare quello che in realtà è tecnicamente il Chroma Key. Proprio come indica il nome che si traduce con “Chiave cromatica”, questa tecnica sfrutta dei colori ben precisi per sostituirli con altri elementi in una zona specifica, in modo tale da ottenere effetti visivi come un’astronave che vola oppure un’aquila che arriva per salvare i nostri Frodo e Sam della situazione (ce n’era una terza però, chi sa per chi era). I colori più usati sono il verde ed il blu, in quanto colori facilmente isolabili rispetto ad altri. La sua funzione è quindi quella di dare a chi si occupa di tali effetti una base da sostituire in post-produzione. Ovviamente non è tutto oro quel che luccica, sono necessarie molte accortezze per ottenere un green screen degno di tale nome, che siano per la luce o per come e dove viene posizionato il lembo colorato.
Il telo sfruttato deve avere meno pieghe possibili in modo tale da avere un colore più uniforme che semplifica poi il ritocco in post-produzione, ed anche la luce che lo colpisce deve agevolare questa cosa. Ciò nonostante una luce che appiattisce il green screen non per forza appiattisce la scena, ma questo sta alla bravura del reparto fotografia ed effetti visivi. Questa tecnica può essere applicata su più scale e nei modi più svariati, da un piccolo dettaglio di un amatore alle prime armi fino a immense distese di verde per le produzioni cinematografiche più famose. Ne sono un esempio i film Marvel o il film di “Alice in wonderland”. A volte però possiamo trovarlo anche in memes o immagini utilizzate per divertimento, un esempio è la famosa maglia della regina Elisabetta.
Insomma non ci sono veramente limiti all’applicazione del green screen, ed in seguito vi parleremo anche di alcuni trucchi per poterlo applicare voi stessi.
Green screen: storia
Come abbiamo detto con il green screen viene sostituita una determinata zona con qualcosa di specifico. Per esempio se abbiamo una scena all’interno di una casa dove si deve vedere fuori dalla finestra il cielo che esplode, ma non abbiamo a disposizione un cielo da far esplodere, si mette il green screen dietro alla finestra e si sostituisce in post-produzione. Bene, tutto bello, ma quindi nel 1900 come facevano? Ovviamente non avevano i computer e la pellicola purtroppo era un po’ difficile dal leggere nell’entrata SD. La soluzione in realtà è più semplice di quel che sembra. Veniva sfruttata una tecnica chiamata “mascherino”, ovvero ritagliare un pezzo di cartone da apporre sull’obiettivo in modo tale da avere la pellicola impressionata ovunque tranne che in quel punto. Poi con il mascherino inverso si riprendeva la scena che doveva essere sostituita in quel punto. Questo semplice processo permetteva tramite una doppia impressione della pellicola, ma in due punti diversi, di creare una scena composta da due elementi girati distintamente.
Questa tecnica viene sfruttata per la prima volta da George Méliès, considerato padre degli effetti visivi, nel 1898 per il corto “L’homme à la tête en caoutchouc”. Questa tecnica però presentava dei limiti. Era possibile utilizzarla per cose statiche e con forme ben definite, ma per altre applicazioni risultava scomoda se non inutilizzabile. Il passaggio successivo quindi fu fatto da Frank Williams nel 1927 per “The sunrise” che, tramite la ripresa dei soggetti su sfondo completamente nero, era in grado poi tramite processi chimici di aumentare il contrasto in modo tale da ottenere un mascherino in movimento, immagine per immagine, ed estremamente accurato. Questo permetteva poi la sostituzione su pellicola della parte non impressionata esattamente come nella tecnica precedente. Un altro esempio della sua applicazione è “L’uomo invisibile” del 1933, diretto da James Whale.
Rimaneva però il problema della precisione dei contorni. Fu Dunning a pensare di sfruttare il fatto che la pellicola fosse in bianco e nero, quindi sensibile ai colori, ma non visibili in realtà, creando il “processo di Dunning“, sfruttato per la prima volta in King Kong sempre nel 1933. Illuminando il soggetto con una luce molto gialla e il fondo con una luce molto blu si può separare soggetto e fondale in maniera estrema, creando un mascherino comunque bianco e nero ma molto più preciso. Sorge spontaneo chiedersi però come hanno risolto questa cosa quando sono state create le pellicole a colori? La risposta è la nascita del primo blue screen nel film “The thief of Bagdad”, dove Larry Butler inventò la tecnica per utilizzarlo in una pellicola a colori. Le scene in cui serviva venivano girate con il soggetto su fondo blu, in quanto colore più distante dal tono della nostra pelle, e tramite un’elaborata cinepresa che permetteva di imprimere l’immagine su tre pellicole veniva sfruttato un prisma tra lente e superficie d’impressione.
Il prisma scomponeva il colore in rosso, verde e blu (i famosi canali RGB). La parte blu usciva come mascherino in quanto colore isolato e grazie a questo poi tramite svariati processi chimici e fisici le pellicole venivano riunite con le scene da sostituire al blue screen creando così la scena finale. Questo processo però era estremamente complesso, richiedeva molte energie ed un gran dispendio economico, oltre al fatto che comunque erano evidenti gli aloni blu intorno al soggetto. Per risolvere questo, negli anni 50, la Disney assume Petro Vlahos per la realizzazione di “Mary Poppins”. Vlahos intuì che le lampade ai vapori di sodio hanno uno spettro molto preciso di 589nm e così fu creato un fondo bianco illuminato da queste specifiche lampade. La cinepresa tramite il prisma catturava la luce di questa particolare lunghezza d’onda e la impressionava su una pellicola in bianco e nero, mentre i resto dei colori era proiettato sulla pellicola a colori senza la parte del fondo giallo.
Tutto bello no? Abbiamo risolto i problemi fino al digitale. E invece no, perché questa tecnica viene usata solo una volta, non riescono più a duplicarla. La Disney possedeva la camera con questo particolare prisma e non era certo economico affittarla per le altre produzioni. Petro Vlahos venne nuovamente in soccorso alle altre produzioni. Sotto richiesta cercò di migliorare il blue screen e attraverso degli studi scoprì che qualsiasi oggetto che non è puramente verde o blu possiede i due colori in eguale quantità. Questo permetteva di usare la pellicola dove veniva impressionato il blu per il mascherino, la pellicola del rosso dipinta di rosso, la pellicola del verde dipinta di verde e poi la stessa veniva ridipinta di blu. Unendo tutte le pellicole insieme la pellicola verde, che non presentava più lo schermo blu (che nel verde non viene impressionato), si ottiene un blu sintetico. In questo modo rimanevano le due pellicole finali, a colori e il mascherino. La precisione di questa tecnica era senza pari e nonostante il suo difetto di necessitare di 12 pellicole per ogni immagine (frame) venne utilizzata fino all’avvento del digitale e l’esempio più importante per questa tecnica è forse “Star Wars”. La sua sopravvivenza per oltre quarant’anni indica quanto sia stata rivoluzionaria e quanto abbia permesso di fare un salto in avanti in termini qualitativi per le riprese cinematografiche. Arrivano poi gli anni ’90, la tecnologia è avanzata e i computer ora possono digitalizzare la pellicola ed utilizzare il file per le elaborazioni. Grazie a questo nel 1999 viene iniziato ad usare il green screen, che applica lo stesso concetto visto fino ad ora nella separazione dei colori. Aveva diversi vantaggi fra cui l’essere molto più semplice da illuminare, essere più presente negli schermi elettronici, funzionare meglio in ambienti esterni dove il blue screen poteva confondersi col cielo e l’essere un colore meno comune di blu e rosso in costumi di scena. Non meno importante il fatto che le nuove cineprese digitali posseggono un sensore Bayer, che presenta una maggiore sensibilità al colore verde. Questo permetterà di iniziare ad usare la tecnica che oggi tutti conosciamo come green screen ed il vero chroma key in quanto ora saranno degli algoritmi a decifrare il colore. Questa infinita storia è per ora finita ma in realtà voglio aggiungere che le tecniche continuano ad evolversi e lo possiamo vedere con serie come “The mandalorian”, dove al posto di un green screen viene utilizzato il voume led, o led wall, ovvero una parete composta da led che permettono di avere una ripresa dell’attore in situazioni irrealistiche senza necessitare di una post produzione che vada ad eliminare i riflessi del green screen. Infatti grazie alla proiezione delle scene l’illuminazione ed i colori sono già abbastanza precisi.
Green screen: come farlo in casa
Abbiamo visto la storia del green screen, in breve ma ora scopriamo come farlo in casa. Per prima cosa, ovviamente, servirà un telo verde o blu. Come abbiamo già detto se utilizzate attrezzatura digitale il verde è meglio, e sono abbastanza sicuro che per il 99,9% di voi sia così. Registrate o fotografate voi stessi o qualcuno che sta facendo delle azioni con il green screen come sfondo, ma mi raccomando, è importante che il telo sia ben disteso e privo di pieghe, oltre che ben illuminato in modo tale da separarlo bene dal soggetto. Bene, ora che avete la vostra clip video non rimane altro che importarla nel vostro software preferito per l’editing video o foto. Se il vostro green screen è stato fatto con cura non avrete molti problemi da qua. Le applicazioni hanno tutte più o meno lo stesso metodo per eliminare il chroma key, ed ora vi spiegheremo in breve quali passaggi fare sulle applicazioni più famose ed importanti, usate anche dai professionisti del settore. Per prima cosa vediamo i programmi video, io prenderò in considerazione Adobe Premiere Pro e DaVinci Resolve, non la versione studio.
DaVinci Resolve
Partirò proprio dall’ultimo programma detto perché presenta una versione gratuita ma con moltissime funzioni, quindi anche alla portata di tutti coloro che possiedono un pc in grado di supportarlo. Per prima cosa posizioniamo la nostra clip sulla timeline. Fatto questo andiamo a selezionare tra gli effetti “Open FX” ( FX= effetti speciali, se preceduto da una V sta per Visual, quindi effetti speciali visivi) e dovremo scendere fino a Resolve FX Key, dove troveremo il “3D Keyer“.
Potete cercarlo a mano o scrivere il nome nella barra di ricerca. Selezionando l’effetto e portandolo col mouse sulla clip video vedremo apparire l’effetto nell’“inspector“, da lì mancano pochi passi alla glor…ahem volevo dire, potremo trovare il menù delle impostazioni che riguardano l’effetto. Se guardate sotto l’anteprima della clip noterete un rettangolo, nell’angolo in basso a sinistra. Selezionatelo e vi appariranno diverse possibilità, tra cui “Open FX Overlay“.
Selezionate il primo dei tre contagocce, per capirci quello con i cerchi sotto e non quelli con + o con -, e spuntate l’opzione “Invert“. Trascinando il mouse, ovviamente mentre cliccate, sul green screen vedrete diventare tutto o quasi nero a parte il soggetto, tranquilli è normale. Vuol dire che avete eliminato il colore desiderato.
Se dovesse rimanere del colore, perchè magari ci sono sfumature di verde che l’occhio umano non vede, basterà selezionare con il contagocce + le altre zone e man mano eliminerete ogni traccia del vostro sfondo. L’ultima cosa da fare ora è tramite l’opzione “despill” andare a rifinire il contorno del soggetto.
Fatto ciò vi basterà mettere qualsiasi immagine o video sotto la prima clip per vederla apparire dietro al soggetto. Si tratta di tanti passaggi ma tutto sommato semplici quindi vi basterà fare pratica per ottenere risultati sempre più precisi e raffinati.
Adobe Premiere Pro
Se avete compreso tutti i passaggi del precedente programma non preoccupatevi, non dovrete ripartire da zero. I passaggi sono pressochè identici, cambiano solo alcuni nomi e qualche piccolezza. Partiamo dal fatto che dovrete sempre riprendere il menù degli effetti ma stavolta dovrete cercare “Ultra key”.
Sempre trascinandolo sulla clip vi apparirà in “Effect Control”, e da lì potrete gestirlo come preferite. Consiglio per prima cosa di eliminare le porzioni di green screen in cui non appare il soggetto, quindi sotto “FX Opacity” fare una maschera che elimini direttamente quella parte di video che altrimenti potrebbe essere solo lavoro in più per rimuovere finemente qualche diversa sfumatura del verde.
Poi scendete ad “Ultra Key” e con il contagocce selezionate la parte di verde più vicina al soggetto per scontornarlo meglio. E fine, avrete ottenuto la vostra maschera sul soggetto. Ovviamente se non siete soddisfatti della prima selezione potete sperimentare tramite i vari parametri dell’effetto per ottenere l’effetto che più vi aggrada.
Adobe Photoshop
Passiamo alla terza ed ultima applicazione, Adobe Photoshop. Ovviamente, come per i programmi video ci sono altre mille applicazioni ma vi parlerò di quella che utilizzo io quotidianamente. Scelta la vostra immagine andate su “Selezione” e scegliete “intervallo colori”.
Tramite il contagocce cliccate lo sfondo e il programma farà una prima maschera sul soggetto. Ovviamente meglio è fatto il green screen e più questo processo sarà semplice. Mettendo il caso più comune di un green screen magari fatto anche bene ma che comunque presenta minime variazioni di colore, tenendo premuto il tasto shift potrete continuare a selezionare le porzioni non considerate di sfondo fino ad eliminarle tutte.
Tornando su “Selezione” e cliccando “Inversa” ora vi verrà selezionato il soggetto. A questo punto potrete eliminare finemente tutto ciò che è stato contaminato dal verde, quindi nel menù del lazo troverete “selezione e maschera”. Cliccandolo entrerete nell’apposita sezione dove troverete in impostazioni di output “decontamina colori”.
Da lì scegliete il livello che più vi aggrada. Per tutte le altre impostazioni, ovviamente come nei programmi video, posso solo dirvi di utilizzarle finché non otterrete il risultato più soddisfacente, perché ogni foto richiede un trattamento diverso.
Green screen: conclusioni
Dopo aver visto diversi aspetti di questa tecnica usata in lungo ed in largo ora potrete vedere con un nuovo occhio le immagini ed i film per poter capire ancora più a fondo cosa c’è dietro. Riassumendo il green screen è una tecnica che permette di creare la fusione tra mondo reale e mondo immaginario, l’unico limite che si pone è l’immaginazione. Potete scegliere se sfruttarlo in una foto od in un video a vostro piacimento e con i giusti accorgimenti riuscirete ad ottenere dei risultati degni di nota. Una volta che avrete fatto pratica potrete dare sfogo a tutta la vostra creatività. Video da Marte? Nessun problema! Una piccola vacanza a Jurassic Park mentre nutrite un piccolo triceratopo? Fattibile. Se vi sembrano luoghi un po’ troppo estremi ma non avete budget per le vacanze…beh potete sempre fingervi alle Maldive, basterà mettervi un paio di giorni sul terrazzo a prendere il sole e via, invidia degli amici assicurata!