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Instagram è Fotografia? Il nostro approfondimento a riguardo

Il più utilizzato e conosciuto social del mondo è un mezzo importante per i fotografi, ma rappresenta realmente questa arte?

Luca Dondossola di Luca Dondossola
14 Aprile 2021
14 minuti di lettura
Home Editoriali
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Instagram è fotografia? Il più utilizzato social network del mondo, facente parte ormai della famiglia di portali sotto il controllo di Mark Zuckerbergh, è diventato nel corso degli anni una vera e propria vetrina per tutti i fotografi e content creators del mondo per farsi vedere, per mostrare le proprie opere e, infine, trarne un guadagnano. Quindi, Instagram è fotografia? Una domanda di proporzioni bibliche, fastidiosa e che, ne sono sicuro, irrita molti. In questo articolo vorrei parlarvi della mia opinione che, metto le mani avanti preventivamente, potrà non piacere alla gran parte di voi. Perché penso, in cuor mio, che Instagram non sia Fotografia con la F maiuscola, ma fotografia del giorno d’oggi che genera una prole spesso incapace di distinguere questa forma d’arte dalla mera e comprensibile voglia di diventare qualcuno di importante per delle persone a cui non frega nulla. Quindi allacciatevi le cinture, perché ci sarà tanto di cui parlare e, soprattutto, su cui dibattere.

Instagram e fotografia: introduzione

Instagram è fotografia? Partiamo da un presupposto fondamentale: questa domanda, in cuor mio, so che è gargantuesca: scomoda, affilata come una rasa di rasoio, futile, estemporanea, afrodisiaca e militante. Ho usato tutta una serie di aggettivi diversi perché questo quesito li racchiude tutti. Ha senso di esistere e, al contempo, non ha senso di esistere. Può essere considerata importante tanto quanto superficiale, l’interrogativo utopistico di un pensiero comune che si trasforma in ossessione per molti, un vortice di risposte contrastanti eppure tutte corrette. Instagram è fotografia? La risposta è sì, ma anche no. Per capirci, e fare soprattutto chiarezza nella mente di chi vi sta parlando, ci conviene proseguire con ordine, incasellare tutti i tasselli nel modo giusto e spiegarvi quella che, secondo me, è la verità non assoluta, il punto di vista, l’opinione.

Instagram e fotografia

Voglio solo accennarvi una cosa, prima di essere mal interpretato: Instagram, oggi, è importante. Non si può fare a meno della piattaforma che, da una decade, ha cambiato il nostro modo di vedere le cose, le relazioni e (purtroppo) i sentimenti. Instagram è un importantissimo strumento di lavoro senza il quale nel 2021 non si potrebbe fare (quasi) niente, motivo per cui ci tengo a precisare che io come voi utilizzo questo social network e lo sfrutto per pubblicare le mie fotografie e trovare clienti. Instagram è il passato, il presente e (probabilmente) il prossimo futuro del nuovo corso, composto da tutti quei lavori in cui la figura pubblica è più importante delle capacità tecniche. Ne conosco, sapete, di fotografi scarsi che però hanno numeri pazzeschi e che di conseguenza lavorano. Quindi, per concludere il paragrafo introduttivo, voglio comunicarvi questo: Instagram è e non è fotografia, è importante ma non è importante. Una cosa sola è certa: Instagram, come tutto il mondo del web, non è meritocratico. Per nulla. Quindi non pensate cose come “sono bravo quindi funzionerà”. No, sono stronzate: potete essere bravi quanto volete ma, se non sapete vendervi nel modo adeguato e non sapete tenere una costante presenza online, non andrete da nessuna parte. E anche nel caso faceste quanto appena detto potreste non farcela. Questa è la verità, quella che i video “come diventare famosi su Instagram” non vi dicono. Questa è la verità sommersa sotto veli di ipocrisia e finti influencer, su un portale che definisco “La Nuova America”, per citare la terra dell’oro che i navigatori volevano conquistare. Instagram non è la terra dell’oro o almeno non lo è per tutti. E il fatto che voi siate bravi in quello che fate, fidatevi, è del tutto irrilevante.

Instagram e fotografia: il social più utilizzato

Arrivò MSN. Qualcuno di voi, forse quelli della mia età, se lo ricordano: come dimenticarsi i trilli, i nickname estrapolati da indirizzi email che tutti, in cuor nostro, vorremmo dimenticare perché ridicoli. Dopo arrivò il tempo di Netlog, il portale tunz tunz per antonomasia che tutti abbiamo utilizzato e tramite il quale abbiamo stretto nuove amicizie. Correvano gli anni 2005/2006 e, presto, le cose sarebbero cambiate con l’arrivo di Facebook, il primo vero social network con un sistema che metteva tutti d’accordo. L’esodo da MSN e Netlog fu gigantesco e, in brevissimo tempo, quelle piattaforme ormai datate vennero abitate da fantasmi. Facebook, più di Twitter in questo caso, cambiò il nostro modo di rapportarci al mondo, di confrontarci con le altre persone e di colloquiare. Il portale eretto da Mark Zuckerbergh conquistò il consenso popolare e spopolò in tutto il mondo, lanciandoci di fatto in una nuova epoca fatta di apparenza più che di sostanza. Esatto, è proprio di questo che si parla: apparenza, non sostanza. Il principio fondamentale su cui si basano i social network, non me ne vogliate.

Il lancio di Instagram, avvenuto nel 2010, sarebbe stato destinato a cambiare le cose ancora una volta: meno fronzoli di Facebook, più istantaneità. Non c’era bisogno di crearsi un profilo in cui si specificava il paese e la via in cui si abitava, se si fosse fidanzati o meno, in cui mettere stati che rivelavano i vostri pensieri. No, nulla di tutto questo. Su Instagram si postavano solo immagini modificate da semplici quanto affascinanti filtri, per condividerle con il mondo (o, quantomeno, con chi ci seguiva). Nel corso degli anni, IG (come viene comunemente chiamato) ha cambiato pelle più volte ed è diventato un surrogato della nostra vita, un luogo dove mostrarsi mentre si svolgono le attività più disparate, dalla realizzazione di un progetto alla defecazione sulla tavoletta del water. Cosa vi dicevo prima? L’era dell’apparenza, in cui l’immagine viene prima del contenuto o, se non viene prima, va di pari passo. E questo è sbagliato perché il contenuto, nel mondo utopistico che sogno di notte, deve sempre venire prima del resto. Prima di voi stessi mentre defecate o mentre mettete lo smalto.

Instagram ha cambiato per sempre il nostro modo di porci nei confronti del prossimo e, ancor peggio, ha creato quella che a me piace definire “La bibbia dell’ignoranza dell’essere perfetti”. Filtri, gettati come caramelle ai bambini, che ci hanno trasformati in perfetti sconosciuti gli uni nei confronti degli altri, mentre il portale diventava sempre più un surrogato della realtà che, nel corso degli anni, abbiamo disimparato a vivere. Vedere persone sedute sulla stessa panchina con il cellulare in mano, in silenzio e intente a scorrere il feed, magari anche per venti minuti abbondanti, è un colpo al cuore. Fa male, anzi per essere onesti direi che fa schifo. Scusate la durezza, ma le cose vanno dette: i social network, portali sociali appunto, sono diventati il luogo più antisociale del mondo. Le persone non si guardano più negli occhi, scorrono il feed; le persone non si parlano più, si mandano messaggini in direct anche quando sono a cinquanta metri di distanza.

Non vorrei passare per quello che afferma che tutto sia un male: Instagram, come altri canali simili, mi ha permesso di conoscere persone che con il tempo sono diventate amiche, mi ha permesso di trovare ragazze e ragazzi con cui scattare e stringere legami, mi ha dato la possibilità di mostrare i miei lavori e di trovare clienti. Instagram ha permesso la creazione di progetti di solidarietà, ha fatto da portavoce per movimenti importanti aiutandoli a diffondersi a macchia d’olio. Quindi, voglio essere sincero, non sono “arrabbiato” con Instagram, perché Instagram fa quello che sa fare meglio: assuefare una generazione che non sa nemmeno da che parte girarsi. Instagram è uno strumento importantissimo ma deve restare un mezzo, non uno scopo. Instagram ci permette di conoscere persone e stringere nuovi legami, ma non deve sostituirsi al dialogo e al confronto. Queste sono le cose sbagliate e lo dico di questo portale come lo direi di tutti gli altri: non perdiamo le nostre capacità comunicative per scrivere due messaggi a una persona che sta seduta affianco a noi. I social, oggi, sono come l’eroina: una droga di cui non possiamo fare a meno, uno strumento tanto potente sul fronte comunicativo quanto utilizzato male da molte persone. Mi rendo conto di vivere davvero dentro un’utopia in cui tutti utilizzerebbero i canali per portare contenuti e regalare informazioni altrimenti impossibili da reperire. Lo so, ne sono perfettamente conscio.

“I social, oggi, sono come l’eroina: una droga di cui non possiamo fare a meno, uno strumento tanto potente sul fronte comunicativo quanto utilizzato male da molte persone”

Così come, in fondo, sono conscio del fatto che, dall’arrivo dei social, non siamo mai stati così frivoli e privi di cultura, intelligenza e indipendenza. Si segue quello che va in “trending”, la figura che fa parlare di sé, e non il contenuto che la stessa porta.

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Instagram e fotografia: sei fotografo o instagrammer?

Il titolo di questo paragrafo è palesemente provocatorio, pensato e scritto per farvi riflettere o incazzare. Mi sono preso il mio tempo e vi ho parlato del mio parere su Instagram e sui social network in generale, ora è giunto il momento di parlarvi dell’argomento topic di questo editoriale: Instagram è fotografia? Potremmo stare ore a parlare di questo argomento e, con ogni probabilità, se mi incontraste dopo che ho bevuto tre birre medie potrei tenervi tutta la notte a discuterne. Non me ne vogliate, mi rendo conto di essere prolisso e anche testardo, ma ci tengo a spiegare per bene le mie idee e a darvi una visione completa del mio pensiero. Non perché abbia paura di essere frainteso nell’era in cui qualsiasi cosa viene fraintesa e l’estremismo fanatico del politically correct ha deviato le persone, ma perché reputo giusto essere chiaro con voi che ci/mi leggete, con voi che ci/mi dedicate il vostro tempo.

Instagram e fotografia

La fotografia, come ogni forma d’arte, è in continuo cambiamento: un moto perpetuo impossibile da fermare, capace di scuotere il mondo. Siamo passati dal fotografare su lastre enormi a scattare con rullini che si tenevano in tasca, per poi vedere le immagini su un display e ora direttamente nel mirino della fotocamera. La fotografia è mutata e, come giusto che sia, si è evoluta. Non bisognerebbe mai cercare di fermare il progresso perché il progresso, preso e fatto nella giusta maniera, porta solo benefici. Fatto sta che la fotografia è cambiata e questo anche per colpa e merito dei social network. Dall’arrivo di Instagram tutti hanno iniziato a fotografare e pubblicare immagini. Inizialmente, agli albori del social, fotografie di gattini, di fiorellini di campo e cappuccini bevuti in qualche Autogrill disperso su quell’autostrada di cui non ricordate il nome. Poi, col tempo, Instagram si è evoluto ed è diventato a tutti gli effetti un canale per fotografi, eppur non essendo nato (e non essendo tutt’ora) come un portale specializzato per i fotografi. Adempie allo scopo, ma non è quello che intende fare. Instagram è una vetrina per tutti, da coloro che semplicemente vogliono fotografarsi mentre si lavano i denti a coloro che svolgono le attività più disparate possibili. Ha creato la figura degli influencer, persone che pubblicano due foto e che vengono seguite a massa da altre persone che le idolatrano come divinità di un nuovo mondo. E, da un certo punto di vista, lo sono: dei scesi in terra eletti a tale ruolo da persone che per loro provano ammirazione, amore, affetto. Ossessione. Instagram, con la sua evoluzione, ha generato nuove figure e ha cambiato il nostro modo di vederci e considerarci.

Instagram e fotografia

Come poteva un portale nato per pubblicare foto non andare a toccare il mondo della fotografia? Non poteva, semplicemente. Instagram si è tramutato sempre più nel portfolio dei fotografi nonostante la qualità delle immagini sia penosa nei confronti di un sito vero, nel negozio ideale dove mostrarsi e vendersi. L’arrivo delle storie, rubate a piene mani da Snapchat, ha permesso a tutti di mostrare il quotidiano, di raccontare gli attimi in cui si fotografa e si fanno tutta una serie di attività legate alla fotografia. E questo, lo dico col cuore, è bello: mostrare alle persone che ammirano i tuoi lavori quello che stai facendo e “portarle” virtualmente con te, è qualcosa di grandioso che tutti amiamo. Permettere a più persone possibili di vedere le mie fotografie è qualcosa di divino, qualcosa per cui i nostri antenati fotografici avrebbero pagato a gonfie vele, piuttosto di farsi il mazzo per mandare provini a destra e sinistra alle agenzie. Instagram ha rivoluzionato il nostro modo di intendere, capire e divulgare la fotografia e l’arte in generale. Ha portato tantissimi benefici e, questo, è un dato di fatto impossibile da controbattere. Eppure, al contempo, ha sminuito l’immagine del fotografo e anche quella della fotografia, intesa come mezzo tramite il quale raccontare il mondo. Fotografia, intesa come visione personale.

Instagram e fotografia: il contenuto contro la forma

Come dicevo in conclusione dello scorso paragrafo, Instagram ha portato benefici e danni alla fotografia. Se da una parte è riuscito a rendere pubbliche come mai prima le fotografie, al contempo è riuscito a sminuirle. Se è riuscito a renderci figure conosciute che hanno la possibilità di parlare con i propri fan, al contempo è riuscito a farci apparire divinità distanti dal mondo dei comuni mortali. Ma, vi svelo un segreto, è quello che siamo: siamo semplici e comuni persone e, come tutti, facciamo la cacca (si spera ogni giorno). Non ho mai capito quei fotografi e quelle figure in generale che si atteggiano a divinità scese in terra, che non rispondono ai messaggi non perché ne hanno troppi ma perché si sentono superiori a certe cose. Non le ho mai capite, e penso che mai le capirò. Grazie a Dio, vorrei aggiungere.

Instagram e fotografia

Complice l’abbassamento generale del prezzo delle macchine fotografiche e l’arrivo di smartphone sempre più performanti sul fronte fotocamera, Instagram ha dato la possibilità a tutti di improvvisarsi fotografi e spacciarsi per autori. Tutti si sono sentiti in dovere di urlare “io sono fotografo” e, seppur sia diritto di tutti ambire ad esserlo, questo genera equivoci che non tutti possono decodificare. Non tutti sono fotografi, e non sto parlando della Partita Iva. In quel caso si parlerebbe di fotografi professionisti, ma non mi interessa e non me ne frega proprio nulla perché molti dei più grandi maestri italiani non erano effettivamente fotografi professionisti, almeno fino ad una certa età. Fotografo, per come sono cresciuto, è colui che racconta qualcosa con il suo punto di vista, colui che immortala dei momenti e li racconta a tutti. Il contenuto prima di tutto, e il contenuto si può trovare sia in un reportage di guerra sia nelle fotografie della nuova Ferrari. Il contenuto è ovunque, ma va carpito. Tutti hanno il diritto di essere fotografi ma non tutti hanno il diritto di definirsi fotografi. Questa è la sottile linea rossa, la labile differenza di cui vi sto parlando.

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Quante persone vedete che su Instagram affermano di essere fotografi quando invece le loro foto non dicono nulla? Io ne conosco parecchi, alcuni anche con un seguito decisamente importante, quindi presumo anche voi. Tutti hanno il diritto di fotografare, così come tutti hanno il dovere morale di rispettare la fotografia. Questo non riguarda la bravura, le capacità tecniche o altre stronzate simili. No, questo riguarda il rispetto vero e proprio, essere consci di essere parte di qualcosa di grande e importante, un movimento artistico e comunicativo che è stato capace anche di cambiare il mondo. La fotografia è importante e, questo, è incontestabile. Oggi, purtroppo, i fotografi sono come i cantanti: prima viene l’immagine che si crea, poi la canzone. Prima viene il superfluo, nonché quello che gli stessi followers ricercano, poi arriva il contenuto. Questa è la verità, ma non è colpa di Instagram: Instagram è una droga e, come tale, genera tossici. Quale colpa può avere Instagram se le persone amano l’apparenza più del contenuto? La colpa è delle persone che, assuefatte dal successo e dai numeri, hanno deciso di abbandonare il contenuto a favore della superficialità. Questo ha generato decerebrati che si svegliano ed escono a fotografare non per passione verso la fotografia, ma per masturbarsi sul numero di like ottenuti. Questo ha generato impostori che si spacciano per divinità di un linguaggio che non hanno mai capito e non capiranno mai, perché lo sfruttano come strumento per arrivare al successo, decretato però da persone che di fotografia non sanno nulla. Perché dico questo? Perché su Instagram ci vivono tutti, non solo photo editor o persone con competenze. Con tutto il rispetto, mia madre non sa nulla di fotografia però sui social può dire la sua a riguardo e questo crea precedenti e problemi perché si dovrebbe parlare quando si conosce un argomento, ma questa cosa è crollata con l’avvento di internet che ha dato la parola a tutti. Poi, per concludere in bellezza, sentire i fotografi dire: “quanto spacca il post“, al posto di “quanto spaccano le fotografie“, è veramente un colpo al cuore per qualsiasi fotografo. Tremo, ogni volta che un fotografo afferma di dover scattare per pubblicare qualcosa su Instagram. IG deve essere il mezzo per mostrare le fotografie, non il fine per cui si fotografa.

Instagram e fotografia

Tutto questo, senza dimenticarci il fattore gregge: Instagram, come ogni portale e come abbiamo visto, genera divinità. Le persone, prive di quella che si suole definire personalità, tendono a seguire ed emulare queste figure di successo per replicarne il successo. Questo comporta una sconfinata cloaca di persone che, come pecore di un gregge, fanno tutte la stessa identica cosa omettendo la propria identità. Quante foto vedete uguali su Instagram? Non mentite dai, aprite il feed e scorretelo. Scommetto quello che volete che su cento foto almeno novanta saranno uguali e l’autore indistinguibile. Quanti, poi, non pubblicano un determinato scatto, che gli piace, solo perché andrebbe a rovinare il feed? Cioè, rendiamoci conto che le persone non pubblicano foto realizzate bene perché magari non inerenti al loro feed. Se questo non è sacrificare la fotografia sull’altare dell’ego social, ditemi voi cos’è.

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Instagram ha mostrato a tutti che la pochezza può vincere nell’era in cui l’ignoranza e una sottospecie di disturbo della personalità dominano, ergo è diventato il portale per eccellenza in cui essere qualcun altro e portare la visione fotografica di qualcun altro solo perché quella ha successo mentre la propria non se la fila nessuno. In più, l’avanzata tecnologica ha permesso a tutti di spacciarsi per fotografi pur senza sapere nemmeno la regola dei terzi (che trovate nella nostra guida dedicata alla composizione fotografica). Instagram ha generato pecore dirette verso il macello nel peggior allevamento intensivo possibile, causando una crisi di identità che si è ripercossa sulla fotografia e ha annullato gli autori. Le immagini con un senso e che dicono qualcosa vengono seppellite da quelle che fanno dell’estetica una priorità, da quelle che non dicono nulla ma piacciono perché l’immaginario collettivo vira in quella direzione. Ergo, Instagram non è meritocratico e non lo sarà mai. Pochi, davvero pochi, possono dire di aver raggiunto grandi numeri con la loro visione. Fotograficamente parlando, escludendo i grandi maestri, penso di non conoscere nessuno, me incluso, che non sia una marionetta di questo sistema. E questo fa davvero riflettere. Tutto questo per non parlare del fatto che oggi si lavorano le fotografie nell’ottica di pubblicarle su Instagram, e non per farle uscire bene a priori. Devono uscire bene per IG, devono avere il taglio di IG e i colori che tirano su IG. Se questa non è mancanza di personalità, non saprei come definirla. Ma ripeto: non sentitevi attaccati, siamo tutti vittime di questo sistema e contemporaneamente colpevoli. Come i drogati, per l’appunto.

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“Tutti, nessuno escluso, dobbiamo sfruttare Instagram per farci conoscere perché oggi non possiamo farne a meno, soprattutto se ancora non siamo figure importanti e ben inserite nel settore. Tutti dobbiamo scendere a compromessi, e questo fa male. Non possiamo non calcolare Instagram e bypassarlo, non ne abbiamo la forza e il mondo di oggi ci sommergerebbe. Dobbiamo capirlo e, nel nostro piccolo, cercare di fare qualcosa di diverso che venga apprezzato”

Instagram è fotografia? Sì e no. Instagram permette ai fotografi di raccontare le loro storie ma, al contempo, rende tutti fotografi, anche coloro che non hanno nulla da raccontare. Spesso, i secondi, sono coloro che ce la fanno. Non per merito o altro, semplicemente perché pubblicano un prodotto visivamente più allettante. Questo è il mondo che abbiamo oggi, un Mondo Nuovo con il quale dobbiamo imparare a convivere. La domanda, però, resta: quando Instagram scomparirà (perché scomparirà, come tutti i social della storia) chi resterà? Dove finiranno tutte quelle persone che al posto di portare contenuti importanti si sono basati sull’effimera essenza per avere un centinaio di migliaio di followers? Dove andranno a mostrare le loro foto mentre defecano? Dove andranno a spacciarsi per fotografi, chimere di un mondo tanto crudele quanto privo di sostanza? Sono domande che al momento non possono avere una risposta, perché l’era di Instagram è ancora lontana dall’essere sulla via del tramonto. Prima o poi finirà e resteremo con questo dilemma: avremmo potuto fare di più ed essere qualcosa di meglio? Avremmo potuto sfruttarlo meglio, mostrarci per quello che siamo veramente? Avremmo lasciato qualcosa di importante?

Mi rendo conto di essere stato parecchio duro in questo articolo e capirei perfettamente se le persone, dopo averlo letto, mi attaccassero: con una lettura leggera e superficiale sembrerebbe che io veda tutto bianco o tutto nero, quando invece questo è un testo pieno di zone grigie perché vedo del buono e del potenziale sprecato dietro tanta superficialità. Potrei davvero proseguire per ore sul dibattito e, sono onesto, mi piacerebbe tantissimo affrontarlo con altre persone in modo civile, così da valutare le rispettive parti e confrontarne le fondamenta. Sono convinto sia fondamentale dire la propria opinione anche se fa male e infastidisce qualcuno, perché nell’era dell’annullamento della propria personalità è necessario tornare a dividere l’opinione pubblica. Instagram è fotografia? Sì, e No.

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Luca Dondossola

Luca Dondossola

Fotografo di ritratti, matrimoni, reportage, street, prodotti. Videomaker e content creators. Amante delle serie tv e del cinema, tipo che devo andarci almeno una volta a settimana o inizio a sentirmi male e avere le allucinazioni. Insomma, direi che faccio fin troppe cose e infatti non ho mai il tempo di rilassarmi (non è vero, per quello resto sveglio di notte e collasso la mattina). Cerco di fare il serio il più possibile, ma devo ammettere che non mi riesce benissimo. Tanto diversamente alto quanto costantemente alla ricerca di nuove idee, prima o poi lascerò tutto per vivere in pace in qualche isola sperduta affianco le coste irlandesi. Nel frattempo però scrivo articoli, per condividere con voi i miei pensieri (e non è detto che sia un bene).

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