Se state cercando qualcosa da guardare tutto in un fiato il prossimo fine settimana, la serie che vi presentiamo oggi è quella che fa più al caso vostro. In dieci episodi, infatti, viene ripercorso il caso di Anna Delvey, colei che per quattro anni circa è riuscita a truffare New York con bugie, furbizia e tanti sotterfugi. Noi abbiamo potuto vedere i primi sei episodi in anteprima di Inventing Anna e ora siamo qui per parlarvene con questa recensione, come sempre senza spoiler, grazie alla concessione di Netflix.
Inventing Anna recensione Netflix: introduzione
La serie tv di Netflix non è il primo prodotto che cerca d’indagare sulla questione. Nel 2019 è stato creato su BBC Radio 4 “Fake Heiress“, un podcast di otto episodi totali che va a ricercare la nascita del personaggio, provando a fare chiarezza su luci e ombre con la conduzione di Vicky Baker e Chloe Moss. Ma la testimonianza più importante probabilmente è quella di Rachel DeLoache Williams (imparerete a conoscerla nel corso della serie), che con il suo libro “My Friend Anna” ha dato al mondo la sua personale versione dell’esperienza a contatto con Anna Delvey. La Williams ha ottenuto l’attenzione di HBO che ha acquisito i diritti televisivi del romanzo l’anno scorso (il progetto è ancora in lavorazione). Da questi pochi esempi, quindi, è facile intuire quanta risonanza abbia già avuto la storia, in così poco tempo e sia nel bene che nel male.
Ma chi è la protagonista di “Inventing Anna”? Nata nella città russa di Domodedovo il 23 gennaio 1991, Anna Sorokin si è affermata sulla scena americana dal 2013 sotto il falso nome di Anna Delvey e spacciandosi per ricca ereditiera tedesca agli eventi di moda di quel periodo. La ragazza attirò presto l’attenzione dei facoltosi grazie al fascino intellettuale che riusciva a sprigionare, condizionando illimitatamente il giudizio degli altri e ottenendo in poco tempo consensi e privilegi. Nascondendo le sue intenzioni dietro la volontà di mettere in piedi la “Anna Delvey Foundation” (luogo esclusivo per dare voce agli artisti), Delvey riuscì così a vivere nel lusso più sfrenato attraverso documenti e conti correnti falsi in attesa che giungessero i tanto agognati fondi degli investitori per la sua società. Sarà solo nel 2017 che inizieranno a nascere i primi sospetti sulla sua identità e sulle ricchezze che millantava di possedere, sospetti che porteranno dopo poco all’inevitabile arresto.
Inventing Anna recensione Netflix: la trama
Proprio da qui parte “Inventing Anna”, seguendo le prime fasi d’incarcerazione della ragazza e il percorso retrospettivo che porterà lo spettatore a conoscerla davvero (motivo per cui non approfondirò ulteriormente i fatti a lei collegati). Le indagini vengono portate avanti da Vivian, una giornalista che vede in questo caso l’unica ancora di salvezza per la sua carriera. Avere a che fare con Anna durante le visite in prigione è un’impresa che mette a dura prova la sua pazienza e quella dello spettatore stesso, che si ritrova praticamente in prima persona a dover gestire un individuo di fatto ingestibile.
Ma la forza di volontà di Vivian supera anche questo, portandoci in luoghi vergognosamente lussuosi e in mezzo a coloro che hanno conosciuto la Delvey in quegli anni. Testimonianze, foto e riprese creano puntata dopo puntata un quadro smussato, imperfetto e soprattutto pieno di contraddizioni, in cui la giornalista deve giostrarsi per capire dove sta la verità e dove la menzogna. Anna Delvey è un’invenzione di Anna Sorokin o di coloro che le sono stati intorno? Un dubbio sempre più pungente e che tiene viva la curiosità. Ogni episodio dura un’ora, eppure il desiderio di mettere insieme tutti i pezzi mi ha fatto arrivare presto alla fine del sesto episodio. Credetemi, l’attesa che mi separa da venerdì 11 è sorprendentemente snervante.
Inventing Anna recensione Netflix: una produzione sorprendente
Netflix ha deciso di affidare la realizzazione di “Inventing Anna” alla società di produzione ShondaLand, con cui aveva già collaborato nel 2020 per il film documentario Dance Dreams: Hot Chocolate Nutcracker e soprattutto per la serie tv tanto chiacchierata Bridgerton. Il nome della sua creatrice, Shonda Rhimes, riporta inoltre alla mente titoli come Grey’s Anatomy e Scaldal, due prodotti longevi e in generale molto apprezzati. Per quel che mi riguarda, la prima non mi ha mai fatto impazzire e la seconda è una mia grave mancanza, motivo per cui con la visione di “Inventing Anna” sono partita abbastanza con i piedi di piombo.
Fortunatamente mi sono dovuta ricredere: mi sono trovata davanti a una storia che, pur ripercorrendo fatti veri legati a una tra le truffe americane più clamorose, ho apprezzato per il tono leggero, ironico e a tratti scanzonato, anche quando si percepisce che si sta arrivando al dunque ed è quindi la tensione a predominare. Questa è una scelta narrativa che ho trovato appropriata, perché sfruttata in un modo che va a esaltare la vicenda raccontata piuttosto che sminuirla. Mi ha ricordato per certi versi la narrazione divertente e frenetica del film di Spielberg “Prova a prendermi” e l’ho trovata una scelta vincente per portare sotto i riflettori una storia che merita di essere conosciuta senza quella serietà tipica dei film thriller.
Inventing Anna recensione Netflix: una manipolazione incontrollabile
Anna Delvey è una ragazza come tante, desiderosa di staccarsi dalle sue origini e trovare la propria indipendenza lontana dall’ombra della famiglia. Un intento che definiremmo quantomeno genuino, ma che associato a lei fa subito capire quanto i fatti siano andati a esso contro. Anna Delvey cerca di raggiungere i suoi obiettivi con l’inganno, la truffa e soprattutto la manipolazione. Più e più volte ci si ritrova a osservare le vicende dall’esterno e a chiedersi come i suoi amici e conoscenti siano stati così ciechi di fronte a quella che per noi è l’evidenza. Allo stesso tempo, però, più li si osserva e più emergono dei meccanismi mentali subdoli che chiudono le vittime nella trappola ben congeniata dal loro carnefice.
“Inventing Anna” mostra quanto sia debilitante stare a contatto con un manipolatore, che arriva a plasmare gli altri a suo piacimento e a far fare loro azioni così tanto irrazionali da rasentare la follia. Ci si sente soffocati dai momenti più scomodi come se li stessimo vivendo noi, nel tentativo disperato di trovare una via di fuga da un’amicizia che diventa sempre più un incubo, sempre più una vera e propria violenza. Questo fenomeno, magistralmente portato su schermo, è quello che viene definito “Gaslighting“: letteralmente, manipolazione psicologica malvagia. Il termine è stato coniato nel 1938 ed è derivante dall’opera teatrale di Patrick Hamilton “Gaslight”, in cui il marito cerca di portare la moglie alla pazzia sabotando degli elementi della casa e infondendole sempre di più il seme del dubbio sulla sua stabilità mentale.
Inventing Anna recensione Netflix: una spirale discendente
È esattamente quello che fa Anna Delvey con il suo sadico gioco adulatorio e ricattatorio, in cui prende forza dall’ostentazione dell’inesistente. Uno schema che è sempre più una spirale ripida e in discesa in cui però di fatto rimane coinvolta anche lei stessa. Le sue bugie e le sue truffe diventano talmente tanto grandi da renderle impossibile tornare indietro anche se l’avesse voluto, così tanto ingombranti da convincerla di essere nel giusto e di non aver fatto nulla di male. Colpisce, infatti, con quanta convinzione affermi davanti a Vivian di essere stata ingiustamente incarcerata e di stare scontando una pena che non le appartiene, quando invece ci sono costantemente a piede libero criminali che si macchiano di colpe ben più gravi e che meritano sì la prigione.
Lo spettatore, pur seguendo dall’alto, non rimane indifferente ed è quel coinvolgimento emotivo il gancio che porta a godersi la visione un episodio dopo l’altro. Il punto di vista di Anna è suadente, logico e ipnotico ma la sua cattiva influenza su di noi ha fine quando la scena cambia e Vivian si allontana dalla stanza, alla volta di altre voci da ascoltare. Con uno schiocco di dita la magia s’interrompe e ci si trova catapultati nella realtà, dove le sue truffe hanno creato danni che New York ricorderà per molto tempo.

Inventing Anna recensione Netflix: un cast impeccabile
Chi ha seguito la serie tv Ozark avrà sicuramente riconosciuto Julia Garner nei panni di Anna Delvey: il ruolo di Ruth Langmore le ha fatto ottenere due Emmy come miglior attrice non protagonista in una serie drammatica portandola a farsi conoscere con interessanti curiosità e apprezzare sempre di più fino a ora. Sapendo com’è fatto il suo precedente personaggio di punta, l’ho trovata fin da subito calzante nella protagonista di “Inventing Anna” perché riesce a darle i giusti tratti di sicurezza e strafottenza, esaltandoli ancora di più rispetto a quanto fatto con Ruth. Per prepararsi alla parte, la Garner ha potuto fare visita ad Anna Sorokin durante la sua permanenza presso il penitenziario di Rikers Island.
Come rivelato in precedenza, nel cast della serie di Netflix troviamo anche Anna Chlumsky nel ruolo di Vivian, Katie Lowes nei panni di Rachel (la scrittrice del libro di cui vi abbiamo parlato nell’introduzione), Laverne Cox (già vista in “Orange is the New Black”) interpreta Kacy Duke, Alexis Floyd nel ruolo di Neff e Arian Moayed nei panni dell’avvocato della difesa Todd. Non ho trovato scivoloni, tutti si sono dimostrati all’altezza della loro parte trasmettendo le individuali emozioni dei propri personaggi.

Inventing Anna recensione Netflix: conclusioni
Questa è la nostra opinione sui primi sei episodi di “Inventing Anna”, una serie interessante e piacevole di cui consigliamo caldamente il recupero. Pur essendo una visione in anteprima parziale dubito che quanto ancora non visto potrà cambiare di molto quanto già detto. Sicuramente attendo questo venerdì 11 con trepidazione e sono pronta a mettere mano a questo articolo per dare una degna conclusione a quanto detto fino a qui.
Conoscevate Anna Delvey? Guarderete Inventing Anna? Fatecelo sapere!
Recensione in breve
Inventing Anna
Inventing Anna è una miniserie che espone la storia vera da cui è tratta con ritmo e cura, grazie a un tono leggero e assolutamente appropriato al taglio che le è stato dato.
PRO
- Una miniserie intrigante e intrattenente
- Julia Garner non ne sbaglia una!
- Cast di attori soddisfacente in ogni singola parte
- Una ShondaLand come non l'avete ancora vista
- Una storia vera piacevole da seguire
CONTRO
- L'alternanza presente/passato potrebbe mettere a rischio la fluidità della serie
La gioventù di oggi ….. coraggiosi senza pudore , godere , avere , e tutto solo per loro …. e nessuno prende la responsabilità ormai per educare loro …. e lasciano che diventano malformati ….. Troppo presto vogliono guidare a loro stessi , vogliono la libertà ect ect … ” sindrome : autistici moderni “