Ci ritroviamo fermi, sfogliando un libro di fotografie o navigando online, ad osservare quell’immagine che ci ha colpito come un treno, facendoci soffermare a riflettere su quello che racconta. Stiamo lì, quasi inermi e del tutto privati della forza di reagire, cercando di capire il perché. Non razionalizziamo, al momento, perché per quanto sincera e onesta, quella fotografia è talmente cruda da non permetterci di farlo. Non possiamo e, forse, non vogliamo. Non abbiamo voglia di capire, non subito. Sentiamo lo stomaco contorcersi e nella nostra mente scorriamo velocemente una miriade di immagini per aggrapparci a qualcosa. Questo è quello che fa la fotografia. Questo, è quello che fa la violenza della fotografia.
La violenza della fotografia: storie che ci uccidono dentro
Sfido chiunque, chiunque di voi che in questo momento state leggendo questo articolo, a dirmi che non vi siete mai soffermati, anche solo per pochi istanti, a guardare una fotografia tanto brutale da pensare che non potesse essere vera, che fosse tutta una messa in scena creata a puntino per colpirci. Eppure, poi, informandovi, avete capito che quell’immagine rispecchiava la realtà, una realtà brutale e che in parte speravate non fosse di questo mondo, di questa vita.
Questa è la violenza della fotografia, la verità ineluttabile che certe immagini ci sbattono in faccia facendoci sentire come un principiante che sale sul ring contro Muhammad Alì, o una piccolo barca in balia della marea più spaventosa. La fotografia, da sempre, ha il grande pregio di documentare e narrare il mondo in cui viviamo, i suoi avvenimenti. Racconta le guerre, le atrocità che le persone fanno ad altre persone, le ingiustizie compiute e, spesso, mai condannate. La fotografia è questo, che lo si accetti o meno. È anche bellezza e tranquillità, è anche moda e prodotti fotografati nel caldo di uno studio, è anche sposi che danzano e invitati che bevono. È anche questo, nessuno lo mette in dubbio. Cosa unisce tutti questi generi così diversi tra loro? Il racconto, la storia narrata. E la fotografia, quando parla di violenza e atrocità, assume tutto un altro aspetto, diventando tanto spaventosa quanto fastidiosa. Una narrazione senza epoca, che rimane fissata nell’eternità.
In questo articolo vogliamo parlare di quelle fotografie che, con la forza della violenza, ci hanno raccontato la storia. Non la violenza che vediamo subire dai soggetti e dalle persone ritratte, affatto: non c’è e non ci sarà mai poetica nel dolore e nelle atrocità. Piuttosto, la violenza del racconto, quella brutalità necessaria a farci comprendere e farci riflettere al fine di cambiare, migliorare ed evitare che possa ripetersi.
La violenza della fotografia: le immagini
Prima di iniziare la carrellata di immagini, una piccola premessa: non abbiamo la presunzione di dire “queste sono le fotografie più brutali della storia”, perché sarebbe pretenzioso. La violenza è violenza, ma la sua percezione è soggettiva: per alcuni può essere più brutale un gesto, per altri un altro. Infine, la storia della fotografia è costellata di tantissime immagini dure e crude e, ad elencarle una ad una, finiremmo per scrivere un poema omerico. Il mio consiglio, per chi volesse, è quello di acquistare qualche libro, come The Gold Medals, che racchiude anni di fotogiornalismo e di storia.
James Nachtwey – Giacarta, 1998
Non possiamo non partire da una delle fotografie più devastanti di sempre, capace di far salire il conato a tantissime persone. L’immagine in questione è stata realizzata da James Nactwey nel 1998 a Giacarta, in Indonesia. In missione per il TIME, James si è ritrovato ad assistere alla rappresaglia di un gruppo di musulmani contro i presunti colpevoli di un attacco in moschea. Lo scatto, che ha fatto vincere al fotografo il premio Robert Capa Gold Medal, mostra un uomo ormai privo di vita steso a terra, mentre uno degli assassini, dopo che tutti hanno massacrato il suo corpo, infierisce tagliandogli la gola.
Eddie Adams – Saigon, 1968
Valsa a Eddie Adams il premio World Press Photo 1968, l’immagine del generale Nguyen Ngoc Loan che uccide un prigioniero Vietcong è probabilmente una delle più brutali di sempre. La violenza della fotografia alla sua massima espressione, una forza narrativa devastante e capace di lasciare senza parole. Adams non ha mai nascosto di odiare, in parte, questo scatto: secondo lui, le persone lo avrebbero ricordato solo per questo incredibile momento immortalato nell’eternità. L’esatto istante in cui un uomo viene ucciso da un altro uomo.
Nick Ut – Vietnam, 1972
Quella di Nick Ut è una fotografia che non ha bisogno di troppe presentazioni: durante un giorno di giugno del 1967, ha immortalato un momento entrato con violenza nell’immaginario comune. Alcuni ragazzi fuggono da un bombardamento di bombe incendiarie al napalm effettuato per stanare i Vietcong. Sulla Route 1, verso mezzogiorno, il fotografo si imbatte in un gruppo di bambini che scappa disperatamente dalla nube nera. Tra questi bambini c’è Kim Phuc, di nove anni, che corre urlando e piangendo senza più i vestiti, che ha strappato perché avevano preso fuoco. Una violenza ingiustificabile, raccontata tramite la fotografia.
Donna Ferrato – New York, 1982
Quando si parla di violenza non si può evitare di parlare di violenza sulle donne, da sempre uno dei grandi problemi della nostra società. Donna Ferrato è diventata un simbolo di questa lotta, immortalando per anni le ingiustizie e le atrocità che le donne subivano dai propri partner nel luogo in cui si sarebbero dovute sentire più al sicuro: la propria casa. Lo scatto in questione, valsole Eugene Smit Grant nel 1985, racconta in modo limpido e sincero la violenza subita da Lisa da parte di suo marito, che la aggredisce brutalmente in bagno.
Paul Watson – Somalia, 1993
Con questa fotografia, la vita di Paul Watson è cambiata per sempre: non tanto per il Robert Capa Medal ricevuto nel medesimo anno, ma per ciò che ha rappresentato. Durante un reportage in Somalia per documentare la guerra civile che stava sconvolgendo il paese, ritrae il cadavere di un soldato americano che viene trascinato brutalmente per le strade polverose di Mogadiscio. L’evento in questione è avvenuto in seguito ad una missione andata male da parte dell’esercito americano, ritrovatosi accerchiato nella città. Per chi volesse approfondire l’accaduto, consiglio la visione del film Black Hawk Down.
Corinne Dufka – Liberia, 1996
Forse, una delle immagini più brutali della storia: valsa il Robert Capa Gold Medal nel 1996, la fotografia realizzata da Corinne Dufka ci mostra un Militante del Fronte Patriottico Nazionale mentre uccide un prigioniero completamente disarmato. Ci fermiamo a guardarla, osserviamo inorriditi il fucile puntato alla testa della persona stesa a terra, quasi rannicchiata su sé stessa e ormai arresa al destino incombente. Il reportage sulla violenza in Siberia è valso all’autrice anche il primo premio nella sezione Spot News Stories al World Press Photo.
Chris Hondros – Iraq, 2005
Non c’è limite al dolore della violenza, e quando ci sono di mezzo dei bambini questo viene ancor più amplificato: Samar Hassan, cinque anni, piange disparata dopo che i soldati americani hanno ucciso i suoi genitori presso un posto di blocco a Tal Afar. I militari hanno risposto col fuoco all’arrivo di un’automobile rossa, temendo che si trattasse di un attacco terroristico. Quando si sono accorti dell’errore e di aver ucciso dei civili, hanno cercato di salvare la vita di Samar e dei 4 bambini in macchina. Le fotografie scattate dall’autore, morto poi nel 2011 per colpa di un colpo di arma da fuoco in Libia, hanno fatto il giro del mondo scatenando e destabilizzando l’opinione pubblica.
Brent Stirton – Congo, 2007
In questo scatto, invece, analizziamo la violenza dell’uomo sulle altre specie animali: Brent Stirton ha immortalato il cadavere di un gorilla maschio mentre viene trasportato da una dozzina di uomini, dopo essere stato ucciso dai bracconieri. Questi scatti scatenarono reazioni devastanti nell’opinione pubblica, e gli permisero di vincere il Visa d’or Feature Award nel 2008.
Richard Drew – New York, 2001
Forse una delle fotografie (purtroppo) più famose di sempre, quella di Richard Drew: un uomo, ormai disperato, si lancia dalle Torri Gemelle in seguito all’attentato che ha scritto la storia nel settembre del 2001. Un’immagine divenuta simbolo, capace di scuoterci dentro e lasciarci a riflettere su quanto ormai fosse disperato e privo di ogni speranza di sopravvivenza.
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La violenza della fotografia: ieri, oggi, domani.
La forza della fotografia sta nel suo modo di raccontare, di aprirci la mente. Questo linguaggio, per molti considerato un’arte mentre per altri visto solo come mera documentazione, ha cambiato il mondo. Ma, mi spiace dirlo, non si fermerà qui: la brutalità è legata indissolubilmente all’animo umano e, fino a quando la nostra specie esisterà, verrà ripetuta ancora e ancora e ancora. Queste sono solo alcune delle fotografie che fotografano (scusate il gioco di parole) la violenza e le atrocità del mondo. E siamo certi che ne arriveranno tante altre.