“M’innamoravo di tutto”, questo il nome della mostra evento che Leica ha tenuto presso la Leica Galerie Milano. Ho avuto la fortuna e l’immenso piacere di visitare l’esposizione in anteprima in una guida dedicata alla stampa e quelle che leggerete in questo editoriale sono le mie, personalissime considerazioni.
M’innamoravo di tutto: introduzione
Prima di parlarvi della mia personalissima esperienza vorrei farvi un’introduzione a “M’innamoravo di tutto“, la mostra evento che Leica Italia terrà dal 1 ottobre al 21 novembre 2020. Curata da Denis Curti, autore di testi dedicati al collezionismo in fotografia, oltre ad essere una delle autorità più competenti nel campo del mercato fotografico, questa è la prima esposizione dedicata al collezionismo del noto brand, che non ha sicuramente bisogno di presentazioni. Leica, infatti, è stata la prima azienda ad introdurre il formato 35 mm (quello che oggi definiamo full frame) e, nel corso dei decenni, ha scritto pagine indelebili della storia della fotografia grazie anche agli illustri maestri che hanno deciso di utilizzare i suoi modelli per raccontare il mondo: Henri-Cartier Bresson, Gianni Berengo Gardin, Richard Avedon, e tanti altri. Per Leica le macchine fotografiche sono uno strumento che deve mettere il fotografo nelle migliori condizioni possibili per raccontare, documentare e immaginare, un prolungamento naturale del proprio arto e della propria persona, il mezzo per scrivere la storia dell’umanità con la sensibilità e l’occhio di coloro che hanno deciso di portare questa pesantissima fiaccola. È sempre stato così, e sarà sempre così.
“M’innamoravo di tutto” è un titolo che omaggia, senza nascondersi, l’omonimo disco del 1997 di De André (uno dei più grandi cantautori italiani di tutti i tempi), che raccoglieva vari successi rivisitati. E questo è un approccio che anche questa prima esposizione al collezionismo di Leica ha scelto di utilizzare data la variegata presenza di autori, ognuno con il proprio inconfondibile stile. In totale sono 20 le opere esposte e partono dagli anni ’30 fino ad arrivare ai giorni nostri, creando quella che definirei un’amalgama perfetta che riesce, senza fatica data la bravura degli autori scelti, a creare una specie di percorso narrativo unico ed elegante. Ora però basta darvi freddi numeri e didascaliche informazioni, è ora di parlare della mia personalissima esperienza all’esposizione, degli argomenti che ho trattato con Denis Curti e lo staff di Leica, delle emozioni che ho provato nell’osservare quelle fotografie iconiche con le quali sono cresciuto e grazie alle quali mi sono appassionato a questo bellissimo linguaggio artistico.

M’innamoravo di tutto: la mia esperienza
Mi sono svegliato presto, ho fatto tutte le mie cose e, fresco come un fringuello, sono partito in macchina in direzione di Milano. Devo ammettere di essermi svegliato parecchio emozionato per diversi motivi: in primis questo è il mio primo evento come giornalista e, come penso possiate immaginare, essere battezzati direttamente da Leica non è una cosa da poco. Le emozioni erano tangibili e, non lo nascondo, gli istanti prima di entrare alla Leica Galerie Milano sono stati contraddistinti da un filo di ansia. Sono arrivato di buon orario, come sono solito fare, e una volta entrato ho fatto tutte le procedure che oggi bisogna compiere per via del Covid-19. Lo staff di Leica mi ha subito accolto bene e, mentre aspettavo di poter visitare “M’innamoravo di tutto”, mi hanno proposto di provare qualche prodotto. Per chi non lo sapesse, Leica Galerie Milano è un negozio situato a due passi dal Duomo in via Mengoni 4, dove è possibile provare le macchine fotografiche e le lenti del produttore. La proposta è stata allettante devo ammetterlo, soprattutto la possibilità di provare per la prima volta alcuni modelli che non ho mai avuto il piacere di stringere tra le mani. L’eleganza è un timbro che, a mio parere, contraddistingue Leica come brand: l’estetica dei corpi macchina fotografica mi fa impazzire e la disposizione dei prodotti, nonché il design e l’arredamento del negozio, ti fanno subito capire di essere d’innanzi a qualcuno di grosso, qualcuno che ha scritto quelle pagine importanti di cui vi parlavo poco sopra. Non ho provato nulla perché subito dopo la proposta ho potuto accedere all’esposizione, ma vi prometto che tornerò molto presto a provare magari una Leica Monochrom. Ormai penso conosciate la mia passione per il bianco e nero.
Una volta oltrepassato il limite che separa il negozio dall’esposizione di collezionismo “M’innamoravo di tutto”, sono stato avvolto da una piacevolissima sensazione: quella dell’importanza della fotografia, della stampa, della visione degli autori. Sarà stato il contesto, lo staff, la disponibilità di Denis Curti o la messa in scena del tutto, ma mi sono sentito a casa, circondato da quelle immagini che da sempre ammiro nei libri che ho affianco alla mia scrivania. Si, devo ammetterlo: sono un amante della stampa e, quando posso, compro sempre libri fotografici perché mi piace sfogliarli, toccare le fotografie, sentirne il profumo e respirarne la vita. Il tutto indipendentemente dal fatto che un autore faccia o meno un genere fotografico che mi appassiona, perché non è la singola diramazione ad ammaliarmi ma l’intera concezione di Fotografia (con la F maiuscola). Questo è un linguaggio importante, veicolo di conoscenza e umanità, tramite di storie e racconti del nostro tempo. Visitare le mostre mi è sempre piaciuto perché penso che se non si stampa non si è dei veri fotografi, perché è fin troppo comodo tenere delle immagini archiviate in un hard disk o, peggio, pubblicate esclusivamente su un social network. Una fotografia ottiene valore quando la si stampa, quando si decide che è importante e le si da il giusto riconoscimento.
Quindi ero li, dentro il Leica Galerie Milano, immerso in “M’innamoravo di tutto”, circondato da cotanta storia e cultura fotografica che altro non potevo fare se non restarmene zitto, ammirare, respirare e canalizzare. Le stampe non erano di grandi dimensioni, come potete vedere dalle immagini che ho scattato, ma tutte di qualità superba, pezzi pregati di collezionisti che negli anni hanno deciso di investire nelle opere degli autori, di dare linfa vitale a questo mondo. Subito mi ha colpito un fattore, poi condivisomi anche da Denis Curti: la varietà della tipologia di immagini. Per “M’innamoro di tutto” Leica non ha scelto di puntare tutto su un autore o un genere, ma ha optato per creare una sintonia perfetta tra diversi fotografi che hanno un diverso punto di vista e che operano in diversi generi fotografici, creando una sinfonia perfetta tra immagini di reportage, di ritratto, autoritratto, street e documentazione. Per capirci, potrei paragonare l’unicità di questa esposizione al concerto di una grande band jazz: è improvvisazione tra persone differenti e solo quando si è davvero bravi si è capaci di creare una melodia unica e bellissima. Ecco, questo è “M’innamoro di tutto”, una melodia unica di una banda di fotografi che, distanti nella visione quanto negli anni, hanno però un grandissimo punto in comune: riconoscere l’importanza della Fotografia come linguaggio espressivo, come veicolo per documentare e narrare le vicende e gli stati d’animo al mondo.
“M’innamoravo di tutto non è solo una bellissima esposizione dedicata alla fotografia e al collezionismo, e non è nemmeno un punto di partenza (per quanto poi effettivamente lo sia) del produttore in questo mondo. No, “M’innamoro di tutto” è un racconto nel racconto, un libro composto da immagini e rilegato dalla forza di raccontare della fotografia. Non è una semplice mostra, per quanto poi qualcuno possa obiettare sul fatto che 20 opere siano poche (si, ho sentito anche queste stupidate in passato), ma è un percorso che vi invito a vivere, assaporare e assaggiare, il tutto in un contesto unico ed elegante dove, appunto, potrete respirare la storia di questa arte.
M’innamoravo di tutto: uno sguardo verso il futuro
Cosa ci aspetta dal futuro? Leica Italia si è lanciata in questo progetto importantissimo che ancora all’estero non è partito e l’idea è quella di riuscire ad “esportare” il tutto anche a livello internazionale. Come dichiarato dallo stesso Denis Curti (che ringraziamo per averci dedicato del tempo), “M’innamoravo di tutto” non è che l’inizio di un percorso che vuole unire i grandi maestri della fotografia ai giovani talenti emergenti, un cammino che gli appassionati di fotografia sono chiamati a vivere e condividere indipendentemente dal brand a cui sono affezionati. La fotografia è di tutti e per tutti, e non deve avere limitazioni di alcun genere.
Restando però nel breve periodo, il 17 ottobre 2020 è previsto un workshop dal titolo “Collezionismo e Mercato” tenuto direttamente da Denis Curti, mentre dal 24 novembre è prevista l’inaugurazione della seconda mostra, questa volta dedicata ad un solo fotografo: Guido Harari. Fotografo e critico musicale italiano nato a Il Cairo nel 1952, è uno dei più grandi esponenti della fotografia italiana nonché un autore a 360°. Capace di spaziare dalla fotografia di band musicali a quella pubblicitaria, la sua è una figura di rilievo nel panorama mondiale e questo ci fa capire quanto Leica voglia davvero puntare su questo progetto. Come dichiarato da Denis Curti durante la nostra intervista, l’intento di questa serie di mostre evento è proprio quello di far convivere i grandi autori e gli emergenti sia nelle mostre dedicate ad un singolo che in quelle ad un collettivo. Costruire qualcosa di importante che unisca la “vecchia guardia” alla “nuova generazione”, che sappia parlare a tutti gli appassionati di fotografia indipendentemente dal genere fotografico che viene trattato. Ecco perché dico, nel titolo, che Leica ti fa “innamorare di tutto”. Perché è capace, dall’alto della sua decennale esperienza, di non farti amare solamente la fotocamera, ma anche la cultura della fotografia e l’importanza culturale, antropologica, sociale ed economica che essa ha avuto per l’umanità. E “M’innamoravo di tutto” sprizza umanità da ogni poro.
M’innamoravo di tutto: l’importanza delle gallerie e delle mostre
Parlando con Denis Curti, che ricordiamo è il curatore di “M’innamoro di tutto”, abbiamo discusso dell’importanza di mantenere vive le mostre fotografiche e il collezionismo. Devo dirvelo subito: ammiro l’energia e volontà che ci mette nell’aderire e progettare esposizioni di questa tipologia, e sono totalmente concorde con il suo punto di vista sull’argomento. La fotografia, finché resta rinchiusa in un mondo virtuale, non acquisisce valore. È il discorso che facevamo più o meno ad inizio articolo, ma che vorrei approfondire in modo leggermente più dettagliato in questo breve paragrafo. Stampare una fotografia è, letteralmente, dare valore a quello che una macchina fotografica è in grado di fare e realizzare, ovviamente con una costante che deve sempre esserci: la sensibilità e lo sguardo unico di ogni fotografo che si cela dietro l’obiettivo, senza il quale la camera non sarebbe altro che uno strumento freddo ed asettico.
Le gallerie e le esposizioni sono un riconoscimento importante a quello che la fotografia può dare e che ha dato al mondo, il simbolo di un linguaggio senza suoni che però può fare incredibilmente rumore. Non voglio lanciarmi in voli pindarici, affermare che la fotografia è arte e stop, ma vorrei farvi comprendere il discorso dell’importanza di mantenere vive le gallerie fotografiche perché sono il luogo dove tutti noi possiamo realmente entrare in contatto con la visione di un artista. Essere sul luogo, ammirare concretamente e non attraverso un device le fotografie, poterle scrutare in ogni singolo frammento, leggere i depliant e chiacchierare con i presenti: tutto questo è fotografia e gli eventi come “M’innamoro di tutto”, oltre ad essere dedicati agli amanti del collezionismo, sono un veicolo per trasmettere e commemorare un linguaggio che da più di cent’anni ci racconta la vita. Mi viene difficile pensare ad un mondo senza fotografie stampate (anche se sembrerebbe proprio la strada intrapresa, quasi come nei film ambientati in un futuro distopico), perché reputo il processo di stampa l’unico in grado di valorizzare concretamente il lavoro di un autore. E questo, Denis, me l’ha confermato. Mentre lo sentivo parlare, io zitto e silente, ho potuto constatare l’amore che prova per la fotografia e le mostre fotografiche; i suoi occhi sprizzavano energia e, ogni tanto, qualche sorriso spuntava tra le parole pronunciate. Lo stesso discorso lo potrei fare per lo staff di Leica Galerie Milano, gentile e disponibile e attento alla cura delle immagini. Vi faccio un esempio, che magari per alcuni potrà anche essere banale: mentre aspettavo di vedere “M’innamoravo di tutto”, una ragazza che lavora nel negozio ha sistemato accuratamente una Leica Monochrom affiancandola a delle immagini stampate che, la camera, era stata in grado di realizzare. Capite dove voglio arrivare? Leica da importanza al collezionismo e alla stampa fin dalla base, abbinando quello che è un mero strumento tramite il quale raccontare al racconto stesso che lo strumento, con l’occhio di chi l’ha utilizzato, è stato capace di realizzare. Questa è Fotografia, questa è Leica.
M’innamoravo di tutto: un viaggio che speriamo non si fermi mai
Siamo arrivati alla fine di questo editoriale sulla mia personalissima esperienza a “M’innamoravo di tutto”, l’esposizione evento con cui Leica ha inaugurato la sua entrata nel mondo del collezionismo. Cosa dire? Potrei parlarvi di tante cose, ma penso di avervi già parlato delle mie emozioni, della disponibilità dello staff di Leica, dell’umile autorevolezza che Denis ha mostrato nella nostra chiacchierata di quindici minuti. Vorrei che tutti voi andaste a visitare “M’innamoro di tutto” quando aprirà il 1 ottobre 2020, perché non è una semplice esposizione ma un viaggio unico e avvolgente, una sinfonia suonata da un’orchestra variopinta ma simile, distante quanto vicina nella visione complessiva dell’arte fotografica.
L’entrata nel mondo del collezionismo da parte di Leica Italia non può lasciare indifferenti e, speriamo, che questo progetto possa espandersi anche in Europa e a livello internazionale. Mantenere l’arte, valorizzarla e darle il giusto spessore è importantissimo per continuare ad avere una fotografia di qualità. Essere in una galleria e poter ammirare dal vivo le opere degli autori non ha prezzo e, questo, Leica lo sa benissimo perché riconosce l’importanza intrinseca di questo linguaggio. Si tratta di dare valore alle cose, alle fotografie, al fotografo, alla macchina fotografica e al mondo. Tutti questi elementi, uniti insieme, possono cambiare la storia e il modo di vedere il mondo delle persone. “M’innamoro di tutto” ti fa innamorare della fotografia a 360°, ti avvolge in un candito abbraccio che emana passione, talento e cuore. E questa è la cosa più importante di tutte, quella che Leica ha deciso di valorizzare.
Per maggiori informazioni sull’evento vi invitiamo direttamente a visitare il sito ufficiale.