Nel mese di settembre ci attende l’esordio alla regia di Niccolò Falsetti, con un film tutto italiano a tinte nostalgiche. Abbiamo potuto vedere in anteprima il film Margini e ve ne parliamo oggi con la nostra recensione senza spoiler. Vediamo insieme tutti i dettagli.
Margini recensione: introduzione
Sempre più si va a caccia dell’effetto nostalgia e della rievocazione di tempi che definiremmo ormai “andati”. Un’operazione che può sapere di tributo ma anche di moda. Quello che contraddistingue una pellicola riuscita da una più fallimentare è il modo in cui la storia viene messa in scena, più che la trama in sé e per sé. Anche l’opera più semplice e scontata, nelle mani giuste, può trasformarsi in qualcosa di vero e indimenticabile.
“Margini” è un film che richiama una condizione italiana di circa quindici anni fa ed è stato realizzato da chi quella stessa condizione l’ha sentita sulla propria pelle. Si fa attenzione alla cultura underground e a una particolare porzione di società che è stata e soprattutto si è sentita ai margini di tutto. Incompresa, insoddisfatta, insignificante agli occhi di chi la fa sempre facile senza sapere come stanno realmente le cose.
Margini recensione: la trama
2008, Grosseto, Estate. Una combinazione che in realtà non ha nulla di speciale, perché tutto gira e passa nella monotonia più totale. Ma proprio in mezzo all’apatia e alla disillusione, il trio punk “Wait for Nothing”, composto da Iacopo, Michele ed Edoardo, trova il modo di riempire il quotidiano con un’idea esaltante ed epica: portare la loro band punk hardcore americana preferita, “I Defense”, a suonare proprio lì, nel loro paese.
Un’impresa tutt’altro che semplice e che mette in scena la vita di provincia di quegli anni, con un focus particolare per la generazione cui i protagonisti appartengono. Un racconto che diventa il riflesso di chi ha davvero vissuto come loro e che, forse, ha qualcosa da insegnare e che non dovrebbe mai essere dimenticata. Ma ci avrà davvero convinto?
Margini recensione: il racconto di una generazione
Margini carica fin da subito l’atmosfera di una duplice sensazione: da una parte ci si sente carichi di energie e speranze, grazie all’immedesimazione istantanea con i tre protagonisti, dall’altra ci si sente soffocati, prede di un quotidiano che sta stretto e che disturba per il suo essere tanto arretrato e “vecchio”. Proprio la stessa atmosfera che sentono Edoardo, Michele e Jacopo.
Insieme sono convinti di poter sfondare nel mondo della musica e dimostrare a tutti quelli che li conoscono che loro ce l’hanno fatta a realizzare i propri sogni. Dall’altra, appena ripiombano nella realtà, si ritrovano a gestire le proprie famiglie, tra figli piccoli, genitori incapaci di ascoltare, sogni che potrebbero portare altrove, ma non dove il gruppo punta. I problemi vengono chiusi fuori, al di là dei muri che tremano ogni volta che loro suonano e provano un pezzo nuovo.
Rincorrono un futuro che vorrebbero stringere tra le mani, ma senza avere gli strumenti giusti per arrivarci davvero. Possono contare solo su loro stessi (eccezione fatta per la compagna di Michele, Marghe, che è sempre comprensiva e accondiscendente) perché attorno hanno un ambiente che stride con i loro desideri e che anzi, li vuole prendere a pugni pur di scacciare dalle loro teste pensieri assurdi e che non portano da nessuna parte.
Margini recensione: un mix di emozioni
Quanto spesso è capitato di doversi scontrare con le generazioni più anziane della nostra? Quanti “Ai miei tempi” abbiamo dovuto ingoiare? Pur richiamando queste domande, comunque, “Margini” non parla dello scontro rabbioso che può scaturire da questo tipo di situazione. Non del tutto, almeno.
La rabbia, infatti, viene spazzata via dall’obiettivo che il gruppo si è prefissato e che vuole portare a compimento, per una volta nella vita, costi quel che costi. Letteralmente. Mettere in piedi un concerto non è esattamente un’impresa che si porta a termine in un giorno solo e che richiede uno sforzo fisico e mentale non indifferente. Ci si chiede se tutti loro siano pronti a investire davvero nel progetto e sempre con loro si vive l’entusiasmo del momento, anche quando i fatti vanno contro.
Nonostante ciò, è commovente seguirli nei loro discorsi in macchina, a parlare di come sarà il futuro una volta che avranno lasciato Grosseto. Si sorride nel vedere le locandine e i poster appesi nelle loro stanze, nell’osservare le magliette di gruppi sconosciuti ma che spaccano.
Tutti elementi che, se davvero non sono stati tangibili nella propria vita, non si riesce a comprendere davvero. “Margini” si mette a baluardo di una generazione mettendoci il cuore, quello di Falsetti, Turbanti e Renzoni, con una cura lodevole per il dettaglio. Quella da loro raccontata è un tipo di storia che deve prendere e che con me potrebbe fare centro.
Margini recensione: una nuova consapevolezza
L’anno scorso ho intessuto le lodi di un altro progetto tutto italiano, quello di Strappare lungo i bordi di Zerocalcare. Lo cito perché da un lato ha un collegamento particolare e sorprendente con “Margini” (a voi scoprirlo nel corso della visione) e perché dall’altro quella serie animata ha in sé le stesse intenzioni del film in questione.
Entrambi parlano di una generazione, quella vissuta dai creatori, parlando non solo ai loro coetanei ma anche a chi quegli stessi anni non li ha vissuti allo stesso modo. Entrambi parlano di un viaggio, sia fisico che metaforico, volto a una consapevolezza del sé e a un nuovo cambiamento, un’evoluzione rispetto al punto di partenza. E qui, bisogna fermarsi, perché si arriva a un bivio che porta in direzioni differenti pur volendo raccontare lo stesso concetto.
Si segue con curiosità e fervore la vicenda di Michele, Edoardo e Jacopo e si arriva al finale carichi di aspettativa, per poi sbattere contro un finale che è difficile da comprendere e che lascia, giustamente, l’amaro in bocca. Al contrario dell’opera del buon Zerocalcare (basta con i paragoni, promesso, ma in questo caso mi è sembrato opportuno) che lascia un’esplosione di emozioni sui titoli di coda (un qualcosa che ho preferito di gran lunga), con “Margini” bisogna lasciare decantare l’ultima scena, che sul momento risulta brusca e fastidiosa, specie rispetto a quella subito precedente.
Solo riflettendoci si arriva a capire che anche un epilogo del genere è coerente con ciò che viene raccontato e che ancora una volta rappresenta appieno il momento che il film ha voluto mettere in scena.
Margini recensione: la produzione e il cast
Margini è un film diretto da Niccolò Falsetti, creato in collaborazione con Francesco Turbanti, supportati alla sceneggiatura da Tommaso Renzoni. La pellicola è una produzione dispàrte, Manetti bros. Film con Rai Cinema. La distribuzione è affidata a Fandango e per le vendite internazionali a Fandango Sales.
Nel cast sono presenti: Francesco Turbanti, Emanuele Linfatti, Matteo Creatini, Valentina Carnelutti, Nicola Rignanese, Paolo Cioni, Aurora Malianni e con la partecipazione straordinaria dell’attrice Silvia D’Amico.
Margini recensione: conclusione
Film di questo tipo, probabilmente, ce ne sono altri. Ma vengono sempre scavalcati da molto altro, da spettacoli ben più di moda e che portano con più facilità le masse al cinema. “Margini” si muove in punta di piedi con la sua piccola, grande fierezza, senza pretese. Già così il film è arrivato dove tanti non sono riusciti. Ci auguriamo possa comunque riuscire a parlare di sé e arrivare là dove tutti vorrebbero: a spaccare il mondo, nonostante una vita ai margini.
Conoscete Margini? Andrete a vedere questo film al cinema? Fatecelo sapere!
Recensione in breve
Margini
Un esordio italiano che meriterebbe uno spazio grande per riuscire a raccontarsi davvero. La trama molto lineare ha in sé tanti sottointesi che raccontano bene una generazione specifica e sempre interessante da esplorare. Nonostante un finale non immediato e che va digerito e compreso in seguito, il film è piacevole da guardare e senza pretese.
PRO
- Il racconto accurato di una generazione
- Musiche al top
CONTRO
- Una trama (troppo) lineare e che si tiene in piedi sui sottintesi