“Signor Anderson, bentornato. Abbiamo sentito la sua mancanza”. Vogliamo aprire questa recensione di Matrix Resurrections citando l’agente Smith nel terzo capitolo della saga ideata dagli allora registi Andy e Larry Wachowski (oggi Lana e Lilly Wachowski), nel momento più atteso di tutti: lo scontro finale con Neo, sotto la pioggia battente e gli occhi attenti di migliaia Agenti cloni. Il signor Thomas Anderson, Neo, l’Eletto, è tornato dopo ben diciotto anni, pronto a farci rivivere in quella Matrix che ci ha sempre spaventati, una realtà virtuale immaginaria che, osservando quella attuale in cui viviamo, ci aveva visto lungo. Abbiamo avuto il piacere di partecipare all’anteprima stampa a Milano della pellicola, così da potervene parlare. Ci sarà piaciuto Matrix Resurrections, il quarto capitolo di una saga che ha innovato il cinema e fatto innamorare milioni di spettatori? Sarà pillola rossa o blu?
Matrix Resurrections recensione: diciotto anni dopo
Prima di lanciarci in questa recensione di Matrix Resurrections, ci sembra giusto snocciolare alcune questioni importanti: in primis come Matrix, il primo film uscito alle porte del nuovo millennio, sia riuscito a cambiare la storia del cinema grazie a scelte registiche e di sceneggiatura uniche per il 1999. Il Bullet Time, ossia la scena a rallentatore in cui Neo schiva i proiettili sparati dagli Agenti, è diventata una delle scene clou del nuovo millennio e della storia della fantascienza, riscrivendone il futuro. Il look dai toni orientali ispirato alla passione di Lana e Lilly Wachowski (da ora in poi parleremo di loro con l’attuale orientamento di genere, anche se ai tempi era diverso) per i film di arti marziali. I personaggi iconici come Neo, Trinity, Morpheus e l’Agente Smith, il viaggio dell’eroe che scopre di essere l’Eletto e sceglie di combattere contro le Macchine per liberare l’umanità dall’oppressione. Tutti questi elementi hanno contribuito a rendere la saga di Matrix (composta da Matrix, Matrix Reloaded e Matrix Revolutions) un unicum nella storia della cinematografia che, al pari de Il Signore degli Anelli, non è più stato ripetuto.
Il mondo virtuale di Matrix è ovviamente il protagonista vero e proprio: un universo ideato e sviluppato per emulare la vita umana in tutte le sue sfaccettature, talmente complesso e stratificato da essere (quasi) più reale della stessa (orribile) realtà. Un sistema tenuto sotto controllo dagli Agenti, in cui ogni elemento senziente partecipa e si muove nella più totale libertà di scelta scriptata. Lo sguardo a lungo raggio del film, infine, ha contribuito a farne un cult senza tempo, uno di quei capolavori che non si possono non conoscere e di cui ancora oggi, a distanza di ventidue anni, si chiacchiera. Perché, parliamoci chiaro, il mondo che viviamo oggi è molto simile a quello virtuale presentato in Matrix nel 1999. E questo, a tutti, fa terribilmente paura.
Nonostante Matrix Reloaded e Matrix Revolutions non abbiano avuto lo stesso impatto del primo capitolo, sia per quanto riguarda il pubblico sia per l’accoglienza della critica, la trilogia ha scritto una pagina importantissima del cinema del nuovo millennio, segnando un prima e un dopo nettamente tangibile. Personalmente ho adorato tutte e tre le pellicole: ovviamente il primo Matrix è stato qualcosa di originale e unico, capace di sorprendere sotto ogni punto di vista e lasciare con la bocca aperta tutti noi. Ma, e sono onesto, ho adorato anche i due capitoli successivi perché, al netto di qualche crollo della sceneggiatura e di alcune scelte discutibili, hanno proseguito la storia dell’Eletto in maniera giusta e coerente con il passato. Sarebbe ipocrita affermare di non essermi gasato come un pazzo quando Neo affronta l’Agente Smith e i suoi cloni nel secondo capitolo, o di non aver tremato durante lo scontro finale di Revolutions sotto la pioggia battente mentre nella realtà, a Zion, i sopravvissuti cercano di fermare l’avanzata delle Macchine.
Matrix ha segnato un’epoca, il cinema di fantascienza e la cinematografia in generale. E questo, oggettivamente, è fuori discussione.
Le mie paure
Diciotto anni dopo, Matrix ritorna con Resurrections, quarto capitolo della saga. L’annuncio ha diviso il mondo tra chi desiderava che le avventure di Neo e soci continuassero e coloro che, senza se e senza ma, non lo desideravano in alcun modo. Quest’ultima branca di spettatori, inoltre, era divisa in due: chi calcola solo il primo Matrix e chi invece anche il resto della trilogia, considerandola però ultimata e un capitolo chiuso. Se devo essere onesto, io sono tra questi ultimi: penso che ci sia un tempo e un modo per ogni cosa e amo le storie che si concludono seguendo il proprio flusso, senza ritornare epoche dopo. Quando ho saputo di questo quarto capitolo ho storto il naso sia perché per me la storia si era conclusa definitivamente, sia perché odio quando l’industria cinematografica, sempre più priva di idee, va a prendere a piene mani dal passato, ripescando storie ultimate.
Non ho amato i nuovi Jurassic World, tanto quanto ho odiato il nuovo ciclo di Star Wars. Una storia, per me, quando è finita è finita. Potrei applicare lo stesso discorso anche sulle serie tv, come il continuo inutile di Prison Break o il tirarla per le lunghe di Tredici. Nonostante questo, ho cercato di guardare Matrix restando il più neutrale possibile, senza farmi avvelenare la mente da quelle convinzioni che ho solitamente. Perché, lo dico chiaramente, quando è uscito il trailer mi sono detto: “Basta, basta prendere storie vecchie ormai finite“. E poi ho pensato: “Come faranno a continuare la storia, data la conclusione di Matrix Revolutions?“. A dirla tutta, il finale del terzo capitolo ha lasciato degli spiragli per un seguito e, analizzando il mondo in cui ci si trova, non è difficile trovare espedienti narrativi per riportare in vita i nostri protagonisti.
Partendo comunque da una paura di fondo ho deciso di dare una possibilità a Matrix Resurrections. Come sarà andata? Ora inizia la recensione vera e propria, mettetevi comodi.
Non preoccupatevi: la parte spoiler, quella in cui analizziamo nel dettaglio alcune scelte di trama, è contrassegnata e ben visibile, così da permettervi di saltarla a piedi pari e non rovinarvi l’esperienza in sala.
Matrix Resurrections recensione: trama e cast
Matrix Resurrections arriverà nelle nostre sale l’1 gennaio 2022, segnando di fatto l’inizio del nuovo anno. Diretto da Lana Wachowski (quindi senza la sorella), vede il ritorno di Keanu Reeves (Neo), Carrie-Anne Moss (Trinity), Jada Pinkett Smith (Niobe) e Daniel Bernhardt (Agente Johnson). Ad accompagnare gli elementi del vecchio cast troviamo diversi volti nuovi: Yahya Abdul-Mateen II (Morpheus), Jonathan Groff (Agente Smith), Jessica Henwick (Bugs), Neil Patrick Harris (Psicologo), Priyanka Chopra (Sati) e Christina Ricci.
Diretto da Lana Wachowski, il film ha una durata di 148 minuti ed è basato sulla sceneggiatura di Lana Wachowski, David Mitchell e Aleksandar Hemon. Lana Wachowski, Grant Hill e James McTeigue sono i produttori, mentre Bruce Berman, Jesse Ehrman, Garrett Grant, Terry Needham e Micahel Salve ricoprono il ruolo di produttori esecutivi. Le case di produzione sono Warner Bros. Pictures, Village Roadshow Pictures e Venus Castina Productions, con distribuzione targata Warner Bros. La fotografia del film è affidata a John Toll e Daniele Massaccesi, il montaggio a Joseph Jet Sally e le musiche a Johnny Klimek e Tom Tykwer. Le scenografie sono curate da Hugh Bateup e Peter Warpole, i costumi da Lindsay Pugh. A completare il team creativo ci sono Pau Costa, Brendon O’Dell, J.D. Schwalm, Aharon Bourland, Pierre Buffin, Huw J. Evans, Dan Glass, Peter Polyakov e Dominique Vidal, che hanno lavorato sugli effetti speciali.
La trama di Matrix Resurrections è la seguente: afflitto da strani ricordi, Neo vive la sua vita all’interno di Matrix, senza esserne consapevole. Tutto cambia quando un individuo entra nel mondo virtuale per fargli capire che nulla è reale, scatenando una serie di conseguenze.
Matrix Resurrections recensione: buone volontà, pessimo esito
Voglio togliere subito il dubbio: Matrix Resurrections non mi è piaciuto, affatto. Sono arrivato in sala con tutte le buone intenzioni e la mente sgombra da pregiudizi, ma non è bastato: il film inizia bene, giocando in modo spettacolare con lo spettatore grazie a una metanarrazione perfetta che tocca i nostri sentimenti, ci fa sorridere ma, al contempo, riflettere. L’inizio, quindi, è stato davvero promettente. Peccato che poi la sceneggiatura sia andata sempre più a perdere colpi, trasformando questo seguito misto a reboot in un casino allucinante difficile da digerire, per certi tratti parecchio noioso e, sotto certi punti di vista, addirittura pretestuoso.
Matrix Resurrections non riesce, secondo me, ad essere il film che avrebbe dovuto essere: ci prova, tenta, arranca, ce la mette tutta ma, alla fine, non tocca nemmeno lontanamente le note d’autore del primo capitolo o le vette epiche dei sequel. Un film che parte bene e ha buone intenzioni, un pretesto narrativo forse non fortissimo ma sufficiente per fargli prendere vita, ma dopo una trentina di minuti lo scricchiolare inizia a sentirsi in modo evidente, sintomo di alcune scelte di sceneggiatura decisamente discutibili e di una serie di flashback talmente ricorrenti da far annoiare lo spettatore. Ho apprezzato però la decisione di far rivivere alcune scene cult del primo film in una nuova veste realizzata ad hoc e capaci di creare quell’effetto nostalgia che tanto muove i fan.
Sì, voi che non avete voglia di rivedervi l’intera saga prima di andare al cinema a vedere Matrix Resurrections: non serve, sarete bombardati di vecchie scene letteralmente ogni cinque minuti.
Un loop di due ore e mezza
Non so se l’intento di Lana Wachowski con questo film fosse quello di far rivivere un loop temporale infinito, dentro il quale tutti i personaggi, anche l’Eletto, sono rinchiusi. L’idea di fondo è forte, ma il problema delle grandi idee resta sempre lo stesso: riuscire a metterle in piedi. Infatti, la messa in scena di Matrix Resurrections è ai limiti del comprensibile, per certi tratti confusionaria e stroncata da scene action senza respiro. Queste sono state girate divinamente, davvero, ma sono troppo ricorrenti e occupano troppo spazio nella pellicola (il cui minutaggio, comunque, non è male). Non aspettatevi i discorsi profondi e raffinati della prima trilogia, quelli fatti da Morpheus, l’Agente Smith o l’Oracolo, perché non ce ne saranno. Nemmeno l’ombra. In compenso ci si mena come matti, più che nel passato, e dopo un po’ ci si stanca di vedere Neo e compagni utilizzare le stesse identiche mosse in un copione talmente ripetitivo da sembrare uno script di Matrix stessa. Soprattutto l’Eletto, che in questo capitolo ha sviluppato una sorta di energia con cui spazzare via i nemici, utilizza allo sfinimento alcune skills, quasi come se non ne conoscesse altre.
Il film si trascina avanti a fatica, è lungo, lento, colmo di spiegazioni che portano allo sfinimento. In sala ho sentito diversi sbadigli, e io stesso ne ho sparati fuori un paio belli potenti. La metanarrazione del film funziona all’inizio ma poi si trasforma in qualcosa di ridondante, troppo ridondante, e non si capisce più se la regista stia giocando con noi o si stia omaggiando da sola (Matrix ha significato tantissimo per il cinema e il mondo del cinema, ma continuare a ripeterlo non aiuta di certo). Giocare così tanto con il passato aiuta a immergere lo spettatore nella storia ma, alla lunga, sembra quasi il pretesto per alcune scelte narrative e un mantello sotto al quale nascondere una trama sottotono e priva di pathos. Tolto il fatto che, alla lunga, i continui flashback stancano.
Una trama che lascia spazio all’amore
Se nel primo capitolo del 1999 tutto ruotava intorno alla realtà virtuale di Matrix e i successivi film il focus principale era sulla battaglia per la liberazione dell’umanità dal controllo delle macchine, in Matrix Resurrections tutto è focalizzato sull’amore di Neo per Trinity. Senza farvi troppi spoiler, l’Eletto cercherà in tutti i modi di liberare la sua amata dal controllo delle macchine, dopo aver scoperto la sua sopravvivenza ai fatidici avvenimenti di Revolutions (anche qui, decisione abbastanza discutibile e irreale).
I sentimenti, nei film, sono tutto e sono felice che si sia scelto di cambiare le motivazioni che spingono i personaggi, ora non più guidate dalla volontà di essere liberi e di combattere una guerra su scala globale. Mi è piaciuta la scelta di raccontare dell’amore eterno e viscerale tra Neo e Trinity ma, anche in questo caso, è stata la stessa sceneggiatura a farmi storcere il naso: per quanto abbia amato determinati momenti, l’assenza di una solida scrittura dietro ha avuto l’effetto di rendere la trama di questo quarto capitolo incredibilmente scontata, con colpi di scena pressoché inesistenti.
L’amore che vince, che perde, che ritorna e ritorna come un loop senza tempo: un circolo vizioso in cui lo stesso Matrix Resurrections viene risucchiato. Senza scampo.
Matrix Resurrections recensione: i personaggi
Non tutto ciò che luccica è oro, è vero, ma nemmeno tutto ciò che non splende è da buttare via: in Matrix Resurrections, oltre ai vecchi e noti volti, conosciamo nuovi personaggi, quasi tutti azzeccati. In primis vorrei fare una nota di merito alla Bugs di Jessica Henwick, probabilmente uno dei due migliori personaggi di questo capitolo. Interpretato divinamente dall’attrice britannica classe ’92, si ritaglia un minutaggio importante e non sfigura mai davanti ai suoi colleghi. Lo stesso discorso vale per l’Agente Smith reincarnato con il volto di Jonathan Groff, capace di catalizzare l’attenzione dello spettatore ogni volta che appare in scena. Personalmente, amo questo attore da quando l’ho ammirato in Mindhunter, e sono felice di vederlo alle prese con un franchise internazionale che gli darà sicuramente tantissima visibilità.
Neil Patrick Harris, invece, mi ha stupito: l’attore si è calato perfettamente nel ruolo (importantissimo) che svolge, praticamente quello di villain principale. Molti hanno dubitato di lui per via del suo ruolo più iconico, quello di Barney Stinson in How I Met Your Mother, ma se l’è cavata egregiamente, portando a casa la pagnotta. Non un’interpretazione memorabile, assolutamente, ma sicuramente ben riuscita.
Keanu Reeves e Carrie-Anne Moss svolgono i rispettivi ruoli senza infamia e senza lode, anche se non ho apprezzato per nulla il look dell’attore canadese: Neo sembra essere John Wick teletrasportato in Matrix. Non so se la scelta di mantenere questo stile sia dovuta alle riprese in contemporanea di John Wick 4, ma l’ho trovata decisamente fuori luogo in un contesto (quello di Matrix) che dovrebbe regalarci la migliore versione di noi stessi.
Nota di demerito per Yahya Abdul-Mateen II e il suo Morpheus: l’attore statunitense classe ’86 ha interpretato molto bene il ruolo, ma il problema è una sceneggiatura che ha relegato il personaggio (punto cardine di tutta la prima trilogia) a mera macchietta che scompare man mano che la pellicola avanza, diventando praticamente un fantasma nell’ultima ora. Questo è un peccato perché nelle battute iniziali Morpheus è assai presente e dà la parvenza di essere fondamentale ai fini della narrazione. Così non è stato, e questo è un vero dispiacere.
Complessivamente comunque tutti i personaggi sono trattati con rispetto e amore, con gli stessi attori ben calati nei rispettivi ruoli e vogliosi di rendergli giustizia. Se c’è una cosa che infatti ho percepito fin da subito è l’amore verso questo mondo, nonostante nessuno tocchi mai picchi di recitazione da Oscar e la recitazione si assesti, guardando il quadro completo, intorno alla sufficienza.
Matrix Resurrections recensione: fotografia ed effetti speciali
Fin dal primo teaser trailer si è chiacchierato molto della fotografia di Matrix Resurrections, apparsa fin da subito distante dai toni verdastri e claustrofobici della vecchia trilogia. La risposta è sì: la fotografia del quarto capitolo è cambiata radicalmente rispetto al passato, ora molto più luminosa e “normale”. L’unica eccezione è sul finale quando, durante la notte, si ritorna a quelle tonalità che tanto ci avevano fatto innamorare e, al contempo, provare quasi un senso di nausea costante. Sono sicuro che questa scelta dividerà i fan, ma il risultato è buono e non inficia sulla pellicola data la presenza di bellissime intuizioni che, nel vederle, mi hanno fatto venire voglia di applaudire, e alcune scelte di inquadratura davvero ispirate e poetiche.
Discorso a parte, invece, per gli effetti speciali: da un film di questa caratura, un titolo mainstream da incassi record, mi sarei aspettato molto, molto di più. Nonostante alcune buone intuizioni e una messa in scena generalmente ben riuscita, alcuni effetti hanno una qualità scadente che mai ci si aspetterebbe da una produzione di questo livello. Paradossalmente, in certi frangenti, Matrix Resurrections sembra essere un film di almeno quindici anni fa. Questo, come potete intuire voi stessi, è abbastanza grave.
La menzione d’onore per quanto concerne la recensione degli aspetti più tecnici di Matrix Resurrections va sicuramente alle musiche e agli effetti sonori, ottimi su tutta la linea. Il lavoro svolto è stato egregio con una colonna sonora capace di enfatizzare anche i momenti meno riusciti sotto l’aspetto visivo e dei suoni perfettamente inseriti che ci catapultano bene negli scontri. Anche i costumi, per quanto non siano trascendentali, mi hanno convinto, così come le scenografie proposte davvero azzeccate.
Matrix Resurrections recensione: parte spoiler
Questo paragrafo è dedicato agli spoiler quindi, se non volete rovinarvi l’esperienza in sala, vi invitiamo a saltarlo a piedi pari e andare direttamente alle conclusioni.
Come vi ho detto all’inizio della recensione, Matrix Resurrections parte decisamente bene con una scelta particolare e azzeccata: Neo lavora presso un’azienda di videogiochi ed è il più grande game designer del mondo. Lui ha creato la trilogia videoludica di Matrix, inserendo senza accorgersene il suo passato. Questa scelta di sceneggiatura l’ho adorata e non nego di essermi divertito molto quando, sempre nelle battute iniziali, il team creativo dell’azienda si confronta per creare il nuovo Matrix, andando a giocare direttamente con noi spettatori in sala e le nostre aspettative.
Morpheus, liberato da Bugs, inizialmente sembra essere quello dei tempi d’oro ma ben presto scompare dalla trama: dopo aver allenato Neo sulla falsariga del primo film, il personaggio interpretato da Yahya Abdul-Mateen II scompare letteralmente dalla scena e non vi farà più ritorno, se non come macchietta di sfondo. Addio ai grandi discorsi, addio alle battute memorabili: Morpheus, in questo capitolo, è un comprimario senza spina dorsale. Poteva esservi qualsiasi altro personaggio al suo posto che nessuno se ne sarebbe accorto. E no, non basta sfruttare le nuove tecnologie per apparire nel mondo reale per rendere Morpheus Morpheus.
Per quanto Jonathan Groff non sia Hugo Weaving, ricopre il ruolo del nuovo Agente Smith con consapevolezza e ogni volta che entra in scena è capace di catalizzare l’attenzione. Lo scontro con Neo nello scantinato della palazzina è forse il punto più alto di tutta la pellicola per quanto concerne i momenti action, un frangente davvero ben riuscito grazie anche a rimandi al passato che, in questo caso, funzionano egregiamente. Impossibile non emozionarsi a quel “Signor Anderson!” urlato a squarciagola.
La battaglia finale di Matrix Resurrections in cui vediamo Neo, Bugs e gli altri muoversi per liberare Trinity è confusionaria, strana, figlia di dialoghi mancanti che avrebbero chiarito al meglio determinate scelte. Si capisce cosa succede, ma tutto è caotico e, probabilmente, troppo veloce per permettere di goderne appieno. La fuga in moto, poi, non riesce a scatenare l’effetto che vorrebbe: escluso un Neo capace solo di generare onde d’urto grazie alle quali scaraventare via i Bot generati che si frappongono tra loro e la meta, gli effetti speciali non propriamente da film blockbuster non aiutano ad immedesimarsi.
Infine, il pretesto narrativo con cui viene resuscitata Trinity è molto debole, alla luce degli avvenimenti finali di Revolutions. Lo stesso discorso si potrebbe applicare alle motivazioni che hanno spinto le Macchine a mantenerli in vita, non spiegate nel corso della pellicola (a meno che mi sia addormentato, ma non mi sembra). Ci sono quindi diversi buchi di trama che magari verranno spiegati in futuro, ammesso che vengano realizzati sequel del quarto capitolo che si conclude, ovviamente, lasciando le porte aperte.
Matrix Resurrections recensione: il nostro verdetto
Matrix Resurrections è un film con tantissime ambizioni che, purtroppo, crolla sotto il peso di una messa in scena davvero mediocre, in parte figlia di quel tempo, il nostro, che brama sempre più prodotti caotici e veloci da digerire. Al netto di alcune buone interpretazioni, di una fotografia abbastanza ispirata e di una colonna sonora di buon impatto, il film soffre di una sceneggiatura debole, di effetti speciali quasi mai all’altezza del suo blasone e di una volontà eccessiva e stucchevole di giocare con la metanarrazione.
La domanda viene spontanea: Matrix Resurrections è il giusto proseguo della saga? Forse sì, forse no. Quello che penso io, nel mio modesto parere, è che si poteva fare a meno di questo capitolo o, quantomeno, che si sarebbe potuto scrivere in modo diverso. Non mancavano gli argomenti con un universo così ampio e forse si poteva osare di più, magari con personaggi completamente nuovi. Il continuo rimando al passato vuole forse celare delle fondamenta poco stabili e strizzare l’occhio ai vecchi fan, quasi per convincerli della bontà di questa operazione. Tutto questo è un peccato, soprattutto dopo la prima mezzora, davvero ottima e ben scritta. A questo punto, mi duole dirlo, Pillola blu: fine della storia.
Recensione in breve
Matrix Resurrections
Matrix Resurrections è un film con tante ambizioni che, però, crolla sotto il peso di una sceneggiatura debole e di una messa in scena discutibile. A fare da contraltare a una discreta recitazione e ad una colonna sonora abbastanza ispirata troviamo degli effetti speciali non all'altezza del franchise e un senso di caos perenne, uniti a una metanarrazione che se inizialmente incanta alla lunga stanca e diventa ridondante. Un film che gli amanti sfegatati della saga non dovrebbero perdersi, ma che poteva tranquillamente non essere fatto.
PRO
- Si ritorna in Matrix
- Fotografia davvero ispirata
- Colonna sonora ed effetti sonori
- Jessica Henwick e Jonathan Groff
- Alcune scene cult del primo film ricreate a puntino
CONTRO
- Film caotico che non regge le sue ambizioni
- Effetti speciali da rivedere
- Morpheus è... una macchietta
- Metanarrazione troppo invasiva
- Pochi dialoghi, troppi scontri
- Assordante e ridondante rimando al passato