Ho avuto un grande onore che condivido con i lettori: quello di aver ricevuto l’accredito, tramite FotoNerd, per poter guardare la serie Incastrati di Ficarra e Picone, in anteprima su Netflix. I requisiti per accedervi erano abbastanza duri e, in particolare uno, prevedeva che le origini geografiche non potessero essere più a nord di Messina. Forse perché per comprendere più a fondo questa serie, la Sicilia la devi avere dentro. Dopo anni, in cui ho corso il rischio di sostituire l’esclamazione minchia con figa, ho potuto rispolverare tutti i luoghi e i personaggi che mi hanno accompagnato fino alla fine della mia adolescenza. Ho riabbracciato, tramite la visione, la dolcezza del sole e l’amaro dell’essere incastrati.
Netflix Incastrati recensione: la Sicilia di Ficarra e Picone
Ficarra e Picone non hanno bisogno di presentazioni, quindi penso sia più utile spiegare perché sono così importanti per noi siciliani. Credo di essere una persona adatta a farlo, seppur non sia un compito semplice. Siamo una terra complicata in cui dolce e amaro si scontrano ogni giorno fino ad annullarsi. Questo annullamento ci porta ad uno stato di stasi, in cui è normale sentirsi prigionieri di un sistema. Il duo comico, su questo dato di fatto, ci gioca da sempre con grande maestria e lo abbiamo visto al cinema come al teatro.
In Sicilia c’è sempre quella voglia e quell’energia di arrivare alla fine, ma gli atteggiamenti, gli inutili botta e risposta e lo girare in cerchio cercando una retta, portano a una fine per inerzia. È proprio questo il siciliano: colui che gira in tondo cercando un rettilineo. Lo fa così tanto che alla fine, stanco, si fa travolgere dagli eventi e, a quel punto, che problema c’è? Lo vedi il sole? Il mare? Si sta così bene qui. Ah… Sicilia bedda!
Ficarra e Picone sono questo: dei burattini del sistema che, in qualche modo, il sistema lo evadono e riescono a cadere in piedi. Il siciliano ride con loro e ride di loro, ma la sua risata è totalmente diversa da una persona che ama il duo da un’altra parte d’Italia. La nostra risata è piena d’amarezza, perché noi viviamo tutto sulla nostra pelle. La serie Incastrati, infatti, è l’ennesima trasposizione di questo stato d’animo, che fa male tanto quanto fa sorridere.
Netflix Incastrati recensione: aspettando Godot
Questa riflessione è molto importante, perché il mio obbiettivo è accompagnare alla visione della serie con un approccio differente: non è solo una “commediuccia”. Incastrati, già dallo stesso titolo, porta a un certo tipo di teatro: quello dell’assurdo. Da studente, ricordo che ebbi un dibattito molto coinvolgente con il professore di drammaturgia, che mi chiese: «Come mai ti piace così tanto Beckett?». Io gli risposi che sicuramente, in qualche modo, Samuel Beckett era siciliano.
Soprattutto nel suo dramma più famoso, Aspettando Godot, abbiamo due personaggi che davanti a un albero, aspettano un certo signor Godot, per l’appunto. Non fanno nulla, ci sono solo dialoghi sterili non accompagnati da azioni. Restano lì, in una passiva attesa, in cui non è chiaro neanche il tempo che passa, in quanto scandito soltanto dallo spogliarsi dell’albero dalle sue foglie. Nulla sappiamo sulla figura che aspettano ed essa non appare mai in scena. Appare solo un ragazzo, il quale informa i due personaggi che «Godot non verrà oggi, ma domani».
Allo stesso modo, questa è la dinamica della serie Netflix curata dalla regia di Salvatore Ficarra e Valentino Picone. Godot non è un personaggio che aspettano, ma è un evento in grado di portare le loro vite fuori dalla stasi. Come succede in molti altri lavori, Godot arriva per loro e non è mai piacevole, seppur sia sempre fondamentale.
Nella serie, Salvo e Valentino stanno andando avanti con le loro vite mediocri, per via dell’incapacità di reagire alle situazioni che li “incastrano”. Nel classico stile della commedia degli equivoci, si ritroveranno nel bel mezzo di un omicidio e decideranno di scappare dalla scena del crimine. Questo li spingerà in un crescendo di eventi, che troverà il suo apice in uno scontro con la mafia.
Netflix Incastrati recensione: «la dolcezza del sole e l’amaro della criminalità»
Il bianco e il nero, la contrapposizione, è quello che viene ricercato con maggiore enfasi in questa serie e viene subito messo in chiaro dai due ideatori con l’utilizzo del giornalista (Sergio Friscia): ex compagno di scuola di Salvo e Valentino, amante degli ossimori della vita, che cerca di fare una cronaca dettagliata dei luoghi in cui è ambientata la vicenda. La sua professione non è semplice, perché vorrebbe essere un giornalista d’assalto, ma è difficile riuscirci in un posto in cui non succede mai nulla. Mai un avvenimento che spezza la routine. Infatti, l’aggettivo che dà il nome alla serie, non è solo relativo ai due protagonisti, ma si estende a macchia d’olio anche nelle vite dei personaggi secondari (perfino dei mafiosi), che hanno fame di novità, ma invece che cercarla, aspettano che arrivi dal cielo.
Il dolce e l’amaro di cui scrivevo in precedenza, quindi, è presente nelle vite di tutti e le annulla, finché non sono costretti ad agire, avendo trovato finalmente un rettilineo. Esso, però, è ancora fatto di opposti, che mandano in cortocircuito i personaggi. Soprattutto quelli di Salvo e Valentino. Allora quale strada prendere? Sarà giusta o sbagliata? E se avessimo preso l’altra? Una serie di domande in rapida successione, che li portano ad una situazione surreale nella quale sembra impossibile sciogliere la matassa. La tipica confusione siciliana e gli schemi di pensiero paradossale, sono quello che viene trasposto in scena con l’ironia tipica del duo, che non sembra neanche maturare nel corso degli eventi. Ancora una volta, quindi, rimandare a domani e cercare di sopravvivere alla tempesta di oggi.
L’inconcludenza è mostrata con maestria ai fini del racconto, come quando farsi annullare una multa di 20 euro, va a costarne 500 in mazzette: un’aspra critica che, come altre, fornirà dei sorrisi amari durante la visione. L’aspetto più importante dell’opera è, però, lo scontro con l’antagonista: l’organizzazione mafiosa. In questo scontro, Ficarra e Picone, sembrano dare fondo al loro estro, per spiegarci, fra le righe, come avere la meglio.
Netflix Incastrati recensione: come combattere la mafia?
Ci hanno provato in tanti e, in Sicilia, portano i loro nomi le strade, le scuole e il modo più saggio di pensare che abbiamo: la presa per il culo. Non me ne si voglia, ma è quello il modo più abile che abbiamo trovato per combattere quegli atteggiamenti nel quotidiano. Noi li ridicolizziamo, li parodiamo e facendo ciò, non li dimentichiamo. Qual è il modo peggiore di distruggere una cosa o persona se non quello di deriderla? Ficarra e Picone prendono sonoramente in giro la mafia sia nella mimesi che nella diegesi, senza lasciarle via di scampo o di redenzione. La criminalità organizzata, in fin dei conti, è una cosa inutile, come il nomignolo affibbiato al personaggio dell’ottimo Tony Sperandeo.
Insomma, ci indicano la strada giusta: bisogna ridere della mafia. Esorcizzarla a tal punto che anche due protagonisti “stupidi” come Salvo e Valentino, possano, nella realtà, renderla innocua. Questo è l’aspetto che durante la visione mi ha fatto più gioire: la rivalsa dell’uomo comune nei confronti del più forte. Davide contro Golia. La Sicilia buona che avanza davanti al pregiudizio dell’ennesimo luogo comune.
Netflix Incastrati recensione: un’ottima squadra di caratteristi
Passando ad aspetti più tecnici della vicenda, quello di cui più ci lamentiamo come spettatori di produzioni italiane, è il problema dei personaggi di contorno: tutti quegli interpreti secondari che, lo dico senza giri di parole, non sanno recitare e fanno perdere la credibilità di un’opera. Qui, invece, abbiamo tutti gli attori che sono dei caratteristi davvero bravi. Troviamo perlopiù dei semi-sconosciuti al Grande Stivale, ma molto importanti per chi abita oltre lo Stretto.
Le menzioni speciali vanno sicuramente al duo palermitano Toti e Totino (presenti nel primo episodio come operai del palazzo di Gambino), che rappresentano quasi una copia speculare di Ficarra e Picone e che hanno spesso combattuto con questi ultimi – almeno per il pubblico siciliano- per l’eredità ingombrante di nuovi Franco e Ciccio.
Insieme a loro troviamo Sasà Selvaggio, il duo comico de I tre e un quarto e i bravissimi Tony Sperandeo e Leo Gullotta, che aumentano il livello di recitazione – e di godibilità dell’opera – di due o tre punti.
Non si può dire lo stesso per quanto riguarda Marianna di Martino (Agata), la quale offre una recitazione talmente scolastica da risultare fastidiosa in più di qualche battuta. Interpretazione da accomunare a quella fornita da un figurante poliziotto, che spesso l’affianca nell’ultimo episodio della serie. Purtroppo in un livello così alto si nota parecchio e ci dispiace. Senza infamia e senza lode, invece, l’interpretazione dell’altra figura femminile, Anna Favella (Ester) che risulta a tratti gradevole, esattamente come fa Valentino Picone nelle parti di sceneggiatura che richiedono un minimo di recitazione drammatica. In sintesi: tutto molto bello, ma si poteva fare di più.
Netflix Incastrati recensione: The Touch of The Killer e la parodia stilistica
Dalla sigla alle inquadrature presenti, soprattutto nei primi episodi, è palese il voler scimmiottare lo stile tipico di quelle serie crime americane di seconda e terza fascia. Ciò rende divertente la visione, soprattutto per chi (come il personaggio di Salvo) è amante dell’ozio mentre guarda titoli che hanno una certa forza evocativa, come quello fittizio utilizzato in Incastrati: The Touch of The Killer. Già solo la bassa lega del titolo, ne porta alla mente tanti altri e i riferimenti ai cliché del genere sono divertenti da cogliere e ben ponderati.
Lontano dagli stilemi tipici della parodia crime, la serie offre un comparto tecnico di regia, fotografia e montaggio che resta nei canoni della commedia e identificandosi in questo genere, supera tranquillamente la sufficienza. Non ci salta all’occhio nessun errore tecnico particolare, perché il tutto è molto scolastico e senza orpelli: campo, controcampo, dettagli e totale. Semplice e ben fatto. Le colonne sonore, invece, fanno sentire una certa mancanza degli strumenti tipici siciliani e si limitano a rievocare (complici alcune ambientazioni) gli stili che sono stati del western.
Questo un po’ stride, perché l’opera non si pone mai l’obbiettivo di andare in quella direzione, quindi risulta un’evocazione forzata e fine a sé stessa. Sarebbero state migliori le musiche dei Tinturia, già utilizzate nel primo film Nati Stanchi (2002), perché le sonorità allegre e molto ritmate del gruppo originario di Agrigento, si sarebbero sposate bene col vortice di eventi tipico di questa serie. C’erano, quindi, i presupposti per cui quella collaborazione andasse riproposta. È un parere prettamente personale, ma sono certo che avrebbero funzionato di più.
Netflix Incastrati recensione: Salvatore, Valentino e il legame sempre più ingombrante con «Ficarra e Picone»
In una carriera iniziata come duo comico nel ’98, compieranno, nel 2022, il 24esimo anno di attività e quello che ho avvertito da fan è un loro declino che mi preoccupa. Se Incastrati è una serie sull’inconcludenza, tale sensazione si avverte anche in una tangibile idea di “già visto” e gli stessi artisti sembrano girare intorno alle stesse dinamiche e tempi comici da fin troppo tempo.
I loro “botta e risposta” sempre scoppiettanti, iniziano a sembrare lenti e prevedibili, ricordando solo la gloria passata, arrivata all’apice cinematografico con il riuscitissimo film Il 7 e l’8 (2007). Da allora in poi, ho avvertito un lento e inesorabile declino, che portano con sé in questa nuova serie Netflix, seppur condita da gradite novità. Forse il problema sono io, incapace di ridere spensierato come un tempo, per questo cerco supporto nel parere altrui che, spero, possa arrivare in tanti vostri commenti. Magari cambio idea.
Tuttavia, anche la loro idea di mettersi alla prova con la serialità, lascia intuire una nuova linfa creativa che non si è esattamente concretizzata. Se vogliamo pensarci bene, più che una serie, sembra un film diviso in sei parti e questa è forse la critica più atroce che si possa fare. Skippate l’intro e guardate un episodio dopo l’altro: sono circa 160 minuti. Meno di tre ore… un film, semplicemente un po’ più lunghetto.
Non so decidere se sia abbastanza da considerarlo un esperimento perfettamente riuscito, nonostante gli innegabili pregi. Le serie hanno un racconto diverso da quello filmico e credo sia barare, presentare la sceneggiatura di un film, allungando sapientemente il brodo e poi spezzettandola. Questo si è fatto e su questo, invece, non sono propenso a trattare.
Netflix Incastrati recensione: conclusioni
Alla fine della nostra recensione di Incastrati, possiamo dire che questo è un prodotto che si presta alla visione e che sicuramente riscuoterà un certo successo in Italia, anche se credo sia molto difficile acquisire una fetta di pubblico straniero, nei Paesi in cui il prodotto sarà disponibile. Possiamo apprezzarlo noi italiani, perché fa parte del nostro modo di essere e di una nostra particolare ironia che potrebbe essere travisata e/o risultare inutile per posti all’infuori del nostro.
Incastrati ha tanti punti di pregio, grazie ai quali incoraggiamo alla visione: stiamo parlando dell’importanza dei temi trattati, della bravura degli attori e di una regia accompagnata da un montaggio fluido nel pieno stile della commedia. Oltretutto, la denuncia sociale e l’aspetto sociologico del sud del nostro paese, sono mostrati con una buona ironia, seppur alcuni cliché abbondanti, possano far storcere il naso ai più esigenti.
Gli aspetti negativi, presenti eccome, non riescono questa volta ad azzerare quello di buono fatto e ci lasciano la speranza in quello che di migliore si può costruire. Partendo da quanto visto, si nutre la speranza di una seconda stagione più positiva, in quanto solide basi sono state già gettate. Non è giusto ignorarle, ma esserne consci e ripartire dalle fondamenta per portare questo prodotto a quello che merita essere: una produzione italiana di cui andar fieri, ma alla quale manca ancora qualche punto.
E voi? Cosa vi aspettate? E se l’avete già vista, cosa ne pensate?
Incastrati sarà disponibile su Netflix l’1 gennaio del 2022. Quando sarà possibile, correte a guardarla, su!
Recensione in breve
Incastrati
I punti di pregio superano nella nostra conta quelli negativi che, seppur presenti, non riescono a farci dare un voto tanto basso all'atteso debutto seriale del duo comico. Un ottimo cast, unito a delle ottime intenzioni, gettano le basi per un prodotto che, speriamo, continui per colmare le sue debolezze e diventare un vanto del catalogo italiano di Netflix.
PRO
- Ottimi commedianti siciliani
- Registro visivo scorrevole e adatto al genere
- Storia
- Induce alla riflessione
- Scorrevolezza del racconto
CONTRO
- Colonna sonora
- Interpretazione Marianna di Martino
- Un film "spezzettato" più che una serie
Gran bella recensione, complimenti!
Ti ringrazio, Carlo.
Il tuo commento mi rende molto felice. Continua a segurici! 😀