È di pochissimi giorni fa la notizia che, seguendo il movimento di protesta Black Lives Matter, Canon ha deciso di rimuovere la nomenclatura “master” e “slaves” dai suoi flash (potete approfondire nel nostro articolo Canon Black Lives Matter), e Nikon? Scopriamo insieme la posizione del produttore nipponico.
Nikon Black Lives Matter: da dove è partito tutto
Negli ultimi periodi il mondo sembra essersi finalmente accorto dei problemi di diseguaglianza che da sempre lo affliggono, ma che moltissime persone hanno finto di non vedere per comodità. A seguito del brutale arresto di George Floyd che ne ha causato la morte, il 25 maggio 2020, la società ha aperto gli occhi sulla violenza delle azioni di alcuni poliziotti ed ha iniziato ad interrogarsi su quanto le persone di colore vengano ancora discriminate a causa della differente sfumatura della propria pelle. Lentamente, da quel giorno, migliaia di coscienze si sono risvegliate (o hanno cavalcato l’onda del momento per godersi un attimo di notorietà) cercando di cambiare il mondo, partendo da un passo alla volta. Nei giorni scorsi persino nel mondo della fotografia Canon ha deciso di eliminare i termini master and slave, riferiti ai flash, dove il primo invia il segnale e il comando al secondo che esegue. Una scelta lessicale ritenuta ormai desueta e a rischio di urtare la sensibilità degli utenti.
Nikon Black Lives Matter: ma da quando?
In realtà Canon avrebbe smesso di utilizzare questi due termini già a partire dal 2017, quello che in pochi sanno è che anche Nikon ha abbandonato questa terminologia da tempo, e non per unirsi al movimento Black Lives Matter o per cavalcare l’onda del momento: è dal 2000 che i due termini sono utilizzati dal produttore solo per indicare i nomi dei prodotti di questo tipo ormai usciti fuori produzione e noti ai tempi del loro lancio come master e slave, privilegiando al momento il termine “remote” al posto di slave. Appare quindi chiaro come sia stata Nikon la prima casa produttrice ad abbandonare questo titoli a seguito della loro negativa connotazione e non abbia colto questo momento per farsi pubblicità con un’innovazione ormai vecchia di 20 anni.
Nikon Black Lives Matter: cosa ne pensiamo
Sicuramente non è impiegando serenamente alcune parole che cambieremo la nostra percezione del mondo, alcuni termini sono entrati di diritto nel nostro linguaggio e credo che nessuno ormai usi più una frase come “Mi serve Giulia” riferendosi all’antico significato lessicale. Le nostre lingue sono dinamiche, si adattano e con il tempo perdono il significato originale del termine, se oggi date dell’imbecille a qualcuno non state dicendo che sia privo di bastone (dal latino imbecillis, in- baculum, ossia senza bastone). Ciò che conta è il significato e l’intenzionalità che attribuiamo alle nostre parole. Intrisa di disprezzo e di sarcasmo anche un’innocente frase come “che carino” può sembrare offensiva, mi domando per questo motivo se sia il modo corretto di procedere rimuovere dai nostri vocabolari alcuni lemmi, pensando in questo modo di esserci puliti la coscienza, o se sarebbe meglio arrivare alla radice del problema eliminando la nostra percezione della diversità. Senza nulla togliere ad iniziative come queste che rimangono corrette, ma dovrebbero essere accompagnate da un lavoro più profondo e difficile da effettuare nella coscienza di ognuno di noi. E voi cosa ne pensate? Fatecelo sapere nei commenti.
Concordo… È solo una maniera per allinearsi al pensiero comune con il minimo sforzo, attraverso la forma, anziché la sostanza. Piuttosto che abolire certi termini, suggerirei di “disinnescarli”, togliendo loro l’importanza negativa che gli viene attribuita e l’unico modo per farlo è fr.garsene.