Il cinema racconta la vita. Secondo Alfred Hitchcock, il cinema è la vita senza le parti noiose. Può, di conseguenza, un film che vuole omaggiare il cinema non parlare di vita? La risposta è semplice: no. The Fabelmans è l’omaggio semi-autobiografico che Steven Spielberg ha voluto regalarci, un racconto di due ore e mezza che non narra solo di sogni e speranze ma anche (e soprattutto) di controllo, di silenzi familiari, di bugie. Di realtà, e quindi di vita. Un film che non è perfetto perché la vita non può esserlo e che per questo motivo risplende tra le migliori produzioni di quest’anno e degli ultimi anni. Una storia che non ci mostra solo un ragazzo con la cinepresa in mano e che per questo arriva a toccare le corde del cuore. Ecco la mia recensione senza spoiler di The Fabelmans.
“I film sono sogni che non dimenticheremo”
The Fabelmans recensione: un monumento al cinema
Vorrei partire da una cosa importantissima ed essenziale: The Fabelmans, il nuovo film semi-autobiografico di Steven Spielberg, è un film semplice. Attenzione, ho detto “semplice”, che non significa banale o scontato, affatto. Eppure, nella sua semplicità, è un film che racchiude tantissimi significati diversi navigando nei tumultuosi oceani dei sogni, dell’adolescenza e dei rapporti familiari che non sono mai perfetti nonostante all’apparenza possano sembrarlo. The Fabelmans è un film che parla di sentimenti, ambizioni, ma anche di controllo e di perdita del controllo. Di Fragilità. È una pellicola che vive e trova la sua essenza più pura nei momenti di silenzio in cui, su schermo, scorrono le riprese montate da Sammy Fabelman; un silenzio spezzato solo dal dolce rumore della bobina cinematografica che scorre e si riavvolge, capace di cullarci e trasportarci dentro un racconto che nonostante sia senza parole riesce a dire tutto con una forza disarmante.
“I film sono sogni che non dimenticheremo”.
Vorrei che vi soffermaste qualche secondo a pensare a quanto sia vera questa frase. Scommetto, inoltre, che nel soffermarvisi avete pensato anche ai vostri film preferiti. Il cinema fa questo, è il suo potere: ci colpisce come un treno in corsa e ci lascia lì, paralizzati, come in una sorta di limbo in cui le nostre emozioni danzano tra un frame e l’altro. Come il treno che ad inizio film colpisce metaforicamente Sammy Fabelman, cambiando la sua vita per sempre.
Esistono film belli e film brutti, oggettivamente parlando, eppure il cinema è così soggettivo che ogni tanto mi domando se non dovremmo lasciar perdere tutte quelle oppressioni mentali che ci facciamo sui buchi di trama, su alcuni minuti poco convincenti in tre ore, su tutta una serie di fattori che analizziamo noi critici con l’occhio annoiato di chi deve giudicare. Perché farlo? Perché non lasciarsi trasportare semplicemente dalle emozioni, lasciando in un cassetto per qualche secondo le questioni tecniche e prive di anima? Perché non accettare che i film non possono essere perfetti perché la vita stessa non lo è?
The Fabelmans non è perfetto ma racchiude tutto l’amore che Steven Spielberg nutre per il mondo del cinema, un mondo che lo ha reso immortale e che tramite questo film ha voluto ringraziare per tutto quello che gli ha dato.
L’amore vive di alti e bassi, di momenti di pausa e riflessione e di altri in cui tutto sembra accadere in pochi istanti, è semplice nella sua complessità ed è per questo che arriva direttamente al cuore. Questa è la magia del cinema. Del grande cinema. La magia di The Fabelmans.
The Fabelmans recensione: trama e cast
Diretto da Steven Spielberg (Lo squalo, E.T., Indiana Jones, The Terminal, Prova a prendermi, Lincoln, Jurassic Park, Schindler’s List), The Fabelmans è un film del 2022 che racconta l’infanzia del regista pur concedendosi diverse licenze poetiche. Ideato per la prima volta nel 1999 e con il titolo originale I’ll Be Home, la sceneggiatura ha iniziato a prendere concretamente vita durante il periodo del lockdown ed è stata realizzata insieme a Tony Kushner (Lincoln, Monaco). Prodotto da Amblin Entertainment e Realiance Entertainment e distribuito da 01 Distribution, vede Janusz Kaminski alla fotografia, John Williams alla colonna sonora, Mark Bridges ai costumi, Rick Carter alle scenografie, Sarah Broshar e Michael Kahn al montaggio.
Il cast di The Fabelmans è composto da Michelle Williams nei panni di Mitzi Fabelman; Seth Rogen nelle vesti di Bennie Loewy; Paul Dano come Burt Fabelman; Gabriel LaBelle nel ruolo del protagonista Sammy Fabelman; Julia Butters in quello di Anne Fabelman.
La trama di The Fabelmans racconta di Sammy Fabelman che, all’età di sei anni, scopre il mondo del cinema. Facendosi aiutare dalle sorelle e dagli amici, Sammy inizierà a girare i suoi primi progetti personali e il cinema lo accompagnerà durante un percorso di crescita che vivrà di alti e bassi e dovrà scontrarsi con i doveri della vita. Sempre con la cinepresa in mano.
The Fabelmans recensione: la nostra analisi
Un film che parla di famiglia
Se pensate che The Fabelmans parli solo di un ragazzo che sogna di diventare regista di film siete completamente fuori strada. O peggio, se l’avete visto e siete convinti che sia una film che parla solo di un ragazzo che sogna di dirigere un film non l’avete minimamente capito. The Fabelmans, come scritto a più riprese in questa recensione, è un film che racconta di una famiglia in cui tutto sembra andare a gonfie vele ma che i realtà nasconde, sotto la patina d’orata dei sorrisi, le silenziose sofferenze del dovere che vince sul cuore. Quel cuore che tutti dovremmo seguire per non essere più dipendenti da nessuno, nemmeno dalle persone che amiamo e che ci amano a loro volta.
La famiglia Fabelman è composta da persone diverse che affrontano la vita in modo diverso, chi con la pacatezza e la gentilezza e chi rifugiandosi nei sogni. Una differenza che vede due “schieramenti” ben precisi: quello degli artisti e degli scienziati, un binomio destinato a scontrarsi duramente e a mettere a nudo le fragilità di tutti e ben caratterizzato fin dalle battute iniziali quando Burt e Mitzi accompagnano il piccolo Sammy al cinema per la prima volta, con la prima a parlargli della poesia dei film e il secondo ad evidenziare le incredibili evoluzioni tecnologiche della “macchina che fa muovere le immagini fisse”.
Fragilità, il film di Spielberg ne è permeato in ogni istante, secondo, frame. Non solo fragilità interiore, raccontata magistralmente con la madre di Sammy (Michelle Williams in una delle sue interpretazioni migliori e più struggenti), ma anche quella di chi vorrebbe il controllo ma non può averlo. Poetica e struggente, in tal senso, la scelta di far perdere a Sammy il controllo della situazione attraverso lo strumento che utilizzava per avere sotto scacco il mondo: una scelta forte, forse non originale ma perfettamente in linea con quello che il film vuole dirci e insegnarci. The Fabelmans racconta anche di ossessione, di quando qualcosa ci entra in tesa e non ci lascia più andare: a tal proposito ho adorato una scena in particolare in cui vediamo il protagonista immaginarsi a riprendere un determinato evento, facendoci comprendere come l’arte possa arrivare ad attingere da tutto e quanto possa avvolgerci.
Da questo punto di vista, The Fabelmans mi ha ricordato (in parte) Belfast, film di scritto e diretto da Kenneth Branagh. In questo caso, però, Spielberg è riuscito a non cedere al tranello del racconto troppo personale e intimo che avrebbe tagliato fuori lo spettatore (forse grazie anche alla sceneggiatura realizzata insieme a Tony Kushner), permettendo a tutti di godere appieno della sua visione. Non fraintendetemi, Belfast è un film che ho letteralmente adorato anche per via dei suoi eccessivi sentimentalismi, volevo solo spiegarvi la differenza che ho percepito durante la visione di The Fabelmans perché il richiamo all’opera di Branagh è forte e concreto.
Tra sogno e realtà, il sapore di casa
Non è un segreto: The Fabelmans è apertamente ispirato alla storia di Steven Spielberg e ne racconta, romanzando, soprattutto la tenera età e l’adolescenza. Un percorso a ritroso nel tempo che il regista ha confezionato ad arte con Tony Kushner fin dal primo momento in cui hanno iniziato a lavorare alla sceneggiatura durante il periodo di lockdown. Un cammino che ha il sapore di casa per il regista che più di tutti incarna questo lavoro e che lo ha particolarmente colpito durante le riprese: la casa della famiglia Fabelman è stata realizzata richiamando quella in cui lui viveva in ogni suo angolo e mobile e, nel rivivere quel luogo, anche se fittizio e ricreato ad hoc, Spielberg durante le riprese si è dovuto fermare più volte per via della nostalgia, colpito da quei ricordi che non facevano male ma lo cullavano riportandolo alla sua infanzia.
Tutto l’amore che Steven Spielberg ha nutrito e nutre per la cinematografia viene raccontato attraverso inquadrature strette e bilanciate, da una fotografia che ci accompagna in modo soave all’interno dei vari scenari che hanno contribuito a renderlo l’uomo (e l’artista) che tutti conosciamo. Dolci movimenti di camera sviscerano nel profondo i sentimenti di una giovinezza vissuta diversamente rispetto a tutti gli altri, immolata a un sogno che non sapeva si sarebbe realizzato ma che alla fine è diventato più reale della realtà stessa proprio perché non ha mai smesso di inseguirlo anche quando tutto gli diceva di navigare dall’altra parte. Fa tenerezza vedere come Sammy realizzi i suoi primi cortometraggi, gli stessi realizzati da Spielberg durante la sua adolescenza, dopo che quel treno gli ha cambiato la vita definitivamente deragliando davanti ai suoi occhi innocenti.
Il rapporto con la famiglia, e soprattutto con la madre Mitzi, viene mostrato con delicatezza sul grande schermo nonostante i temi trattati non siano dei più leggeri. Spielberg, però, ha questo innato talento nel non far pesare mai quello che racconta nemmeno quando è dramma allo stato puro, accompagnandoci lungo la strada tenendoci per mano e facendoci sentire a casa. In questo film come in tanti altri da lui realizzati, infatti, ho sempre avuto la sensazione di essere al sicuro, a casa, protetto da tutto il male del mondo. È un talento raro questo e forse a Spielberg riesce così bene proprio perché nel cinema ha trovato il suo posto sicuro, la sua isola segreta nel mezzo dell’oceano della vita. Quel luogo personale in cui nessuno (nemmeno le persone che più ama) possono entrare.
Riprese, fotografia, montaggio
Addentrandoci in questa recensione negli aspetti più tecnici di The Fabelmans, il film è un piccolo gioiello che non stupisce perché il regista ci ha abituati fin dall’inizio a prodotti di qualità eccelsa. Per realizzare questo intimo e toccante ritratto della sua vita ha voluto circondarsi dei suoi collaboratori più fidati, un roster di talenti nel corso delle decadi abbiamo imparato a conoscere in tantissime produzioni: Rick Carter, due volte premio Oscar, alle scenografie; i costumi del due volte premio Oscar Mark Bridges; il montaggio delicato ma serrato del tre volte vincitore del premio Oscar Michael Kahn e di Sarah Broshar; la fotografia accogliente e sfuggente di Janusz Kaminski, vincitore di due premi Oscar; le musiche di John Williams.
Un gruppo di immenso talento che ha dato vita a una storia delicata sui sogni e sulla realizzazione personale, che affronta tematiche diverse come l’amore, la speranza, l’odio razziale, il bullismo, la perdita, la menzogna. The Fabelmans spicca proprio perché è semplice, dal montaggio alla fotografia iconica che ha accompagnato tantissimi film del regista. A rendere tutto ancora più grande, infine, le interpretazioni del cast che ha saputo valorizzare in ogni frame la sceneggiatura e mi ha permesso di entrare dentro la storia e di sentire i desideri e il dolore di Sammy sulla mia pelle.
Paul Dano, Michelle Williams e Seth Rogen sono stati una piacevole conferma (con la Williams in una delle sue prove più forti), e vorrei fare i miei complimenti a Gabriel LaBelle (che interpreta Sammy da giovane) perché è stato in grado di catalizzare l’attenzione e rendere palpabile il suo desiderio sia nella recitazione (ho visto il film in lingua originale) sia tramite le espressioni dipinte sul volto. Una prova di tutto rispetto che, ne sono sicuro, lo porterà a prendere molti altri ruoli di livello.
Basta parlare di difetti
Come scritto ad inizio recensione di The Fabelmans, questo non è un film perfetto. Però voglio essere onesto con me stesso e fingere che quei piccoli difetti che ho notato (tra tutti un ritmo non dosato perfettamente) non esistano e non siano minimamente rilevanti. Anzi, direi che non lo sono proprio perché il film mi ha convinto sotto tutti i punti di vista ed è stato folgorante: mi sono alzato dalla sala, alla fine della visione, con la voglia di tornare a casa e creare, dirigere un cortometraggio, fare qualcosa di creativo per me e per nessun altro. Questo, se siete fotografi o videomaker come il sottoscritto, sapete bene quanto sia importante, quanto amore si nutre verso qualcosa di artistico che ci ispira e ci fa venire voglia di creare.
Quindi sì, The Fabelmans non è perfetto ma voglio soprassedere alle critiche che noi dobbiamo per forza fare e dirvi che non sono importanti i pochi difetti di questo film e non perché siano pochi ma perché è un prodotto di una tale bellezza che non merita di essere vissuto con gli occhi cinici di chi deve giudicare. The Fabelmans è un racconto nostalgico ma moderno, un monumento alla cinematografia che resterà per sempre impresso negli occhi di chi l’ha guardato, un bacio delicato nel bel mezzo del sogno più dolce.
The Fabelmans recensione: conclusioni
The Fabelman è un film semplice che racchiude tutto l’amore che Spielberg nutre per il mondo del cinema, dei sogni e della vita. Una storia che ci racconta alcuni momenti che lo stesso regista ha vissuto sulla sua pelle, mostrandoci spaccati di vita che non possono non creare empatia ma senza mai cadere nel troppo sentimentalismo. The Fabelman, pur senza inventare nulla, confeziona un racconto che avanza a ritmi diversi ma che colpisce nel profondo ed emoziona come solo le grandi storie sanno fare, permettendoci di sognare ad occhi aperti davanti alla meraviglia della vita. Un film che ci ricorda che non servono necessariamente le parole per raccontare alcuni momenti e spaccati di esistenza, rammentandoci che seguire il cuore è l’unica soluzione per vivere una vita piena e che il cuore, a volte, batte alla sua stessa velocità: 24 frame per secondo.
Alla fine, per trarre le mie conclusioni, potrei dirvi che The Fabelmans mi è piaciuto tantissimo proprio perché racconta il cinema all’ennesima potenza e quindi ci rivela le difficoltà della quotidianità, dell’adolescenza e dei rapporti familiari. Il tutto prendendosi il suo tempo, senza strafare ma trovando nella semplicità di una storia lineare la quinta essenza del racconto e una casa sicura in cui farci stare per due ore e mezza.
Un film che vi consiglio assolutamente di vedere, perché è un sogno che non dimenticherete.
Recensione in breve
The Fabelmans
The Fabelmans, il nuovo film semi-autobiografico di Steven Spielberg, è un romantico e struggente omaggio al mondo del cinema. Una storia semplice che, al suo interno, racchiude un significato molto più profondo capace di scavare all'interno dell'animo umano mostrandoci le fragilità della vita. The Fabelmans non è perfetto ma nonostante questo arriva dritto dove il cinema dovrebbe sempre arrivare: al cuore. Questa è la magia che non dimenticheremo mai.
PRO
- Una storia semplice scritta divinamente
- Un omaggio al mondo del cinema e alla vita
- Fotografia davvero ispirata
- Ha il sapore di casa
- Gabriel LaBelle, Michelle Williams e Paul Dano
CONTRO
- Il ritmo vive di alti e bassi