Il 5 Novembre del 2021 è stato distribuito sulla piattaforma streaming della mela un film accattivante come tutti quelli in cui vediamo in locandina Tom Hanks: attore decorato da due premi Oscar consecutivi per film cult come Philadelphia (1994) e Forrest Gump (1995). La voglia di scrivere una recensione e mostrare così il nostro umile parere per Finch, film diretto da Miguel Sapochnik, ha avuto la meglio sul resto del catalogo di Apple TV+. Ecco, quindi, il nostro pensiero a riguardo.
Finch recensione: introduzione
Prima di mettere le mani nel sacco, una breve guida: vi sconsigliamo, se non avete già visto il film, di continuare a leggere dopo la visione della frase: “Finch recensione: spoiler alert”. Per il resto nessun problema che possa farci maledire dal web. In conclusione di questo breve paragrafo, due parole doverose in merito al regista Miguel Sapochnik: figura non certo prolifica ma dotata di talento. Infatti, il regista classe 1974, ha vinto un Emmy per il nono episodio della sesta stagione dell’acclamata serie Il Trono di Spade (La battaglia dei bastardi). La sua filmografia è povera e conta soltanto due film: il nostro Finch (2021) e il poco acclamato da critica e pubblico Repo Men (2010), che ha come protagonista il bravo Jude Law. Sapochnik ha lavorato di più per il piccolo schermo, girando diversi episodi per serie molto amate come Fringe, ideata dal visionario J.J. Abrams e Dr. House di David Shore, oltre alla già citata Il Trono di Spade. Avendo fatto quelli che potremmo definire “onori di casa”, siamo pronti: parte la nostra recensione!
Finch recensione: trama
In un futuro prossimo, un’eruzione solare rende la Terra un grande deserto pieno di radiazioni. Finch (Tom Hanks), passa le sue giornate razziando supermercati alla ricerca di cibo per sé e Goodyear: il suo cane. Se parte del giorno è dedicata ai viveri, quando si avvicina la sera, all’interno della pala eolica in cui vive, mette a punto una particolare intelligenza artificiale. Quando un’enorme tempesta si avvicina al rifugio, i protagonisti devono scappare per trovare un nuovo posto nel mondo. Parte così un on the road post-apocalittico alla scoperta di forza, fragilità e speranza.
Finch recensione: considerazioni a tutto tondo
Quello che andremo a guardare è un film inquadrato nel genere del post-apocalittico, che offre dei gradevoli sorrisi a gocce e un pizzico di alta tensione, ponendosi l’obbiettivo di corredare il tutto con un alto contenuto drammatico. Questa che abbiamo esposto è la ricetta, ma non è detto che degli ingredienti ottimi, si traducano in un ottimo piatto. Penso che a tutti, prima o dopo nella vita, sia capitato di mangiare dei pessimi spaghetti al pomodoro.
Finch, ad un primo sguardo, sembrerebbe un film che vuole giocare sporco: Tom Hanks che recita praticamente da solo. Ecco, si. Puntiamo su quello! Sono pochi gli attori in grado di tenere l’attenzione alta recitando in solitaria e, uno di questi, è il buon Tom che è da accomunare ad un buon vino. Di quelli toscani che più invecchiano e più diventano buoni. Bravi, in questo caso. Sembra che, dopo la visione del trailer, la strada da percorrere voglia essere quella del celebre Cast Away: film del 2000 diretto da Robert Zemeckis, in cui vediamo l’attore da solo in un’isola deserta. Qui, anziché il pallone, abbiamo un robot e un cane. Basta però cimentarsi nella visione per capire che molti aspetti (la maggior parte) funzionano e non siano dei banali richiami come temuto.
Finch recensione: Hanks, il cane e il personaggio invisibile
A dispetto delle cattive premonizioni, potremmo dire: attore e ambientazione perfetti. A parte il cane attore, non c’è nessun attore cane. Tom Hanks riesce a trasmettere tutto, anche con una sola espressione, in un film che potrebbe correre il rischio di diventare un soliloquio ma non lo fa. I dialoghi sono precisi, non prolissi e mai banali, incastrandosi perfettamente alle situazioni. Nonostante la carenza del “materiale umano”, un titolo che potrebbe essere un mattone di pesantezza, scorre via lieve come una piuma che ondeggia al vento, leggera ma tagliente. L’interpretazione di Hanks e le fattezze del robot (Caleb Landry Jones), sono pressoché perfette e inducono lo spettatore alla tenerezza per due personaggi in cui è impossibile non identificarsi.
Seamus alias Goodyear merita una menzione speciale: il cagnolone è molto bello e ben addestrato, però non risulta invadente. Merito di sceneggiatura e regia, che non si sono sentiti obbligati a utilizzare il cane in ogni scena per dare al pubblico l’effetto che suonerebbe scorretto e ridondante di: «oh che bel cucciolo!».
I rapporti si spiegano e si costruiscono durante la pellicola e non sono forzati nel loro divenire. L’assenza di qualsivoglia tipo di forzatura e spiegone, rendono il film di facile visione nonostante i 115 minuti di durata.
L’ambientazione, invece, è utilizzata in duplice chiave: non la vediamo troppo, ma quel che vediamo basta per trasportarci in un certo tipo di mondo. Sappiamo quello che c’è attorno, ci ha colpito e lo porteremo dentro con una certa preoccupazione. Se quella appena detta è la chiave prettamente visiva, ne abbiamo un’altra più importante in cui l’ambientazione smette di essere mero “ambiente” e si eleva a personaggio del film. Lei agisce come un antagonista caotico e ne vediamo i suoi effetti sul corpo e sulla psiche dello stesso protagonista. È l’ambientazione il motore del film, senza la quale nulla accadrebbe. Se posso permettermi una provocazione: il personaggio migliore sullo schermo.
Finch recensione: la fotografia umanizzante
Altro elemento chiave che abbiamo riscontrato è sicuramente la fotografia, nello specifico, quella utilizzata su Jeff (il robot). Come fa un ammasso di latta senza neanche una bocca e con degli occhi che sono soltanto delle piccole telecamere di sorveglianza a mostrare emozioni? Lo fa sicuramente con la modulazione della voce e con l’utilizzo del corpo, che lo rendono un personaggio per cui è possibile provare empatia. Quindi un personaggio non piatto che sta sperimentando sulla sua “pelle” il dramma della crescita. Sicuramente, però, non può farlo con le micro-espressioni del volto. Ma in diverse scene, grazie ai chiaro/scuri magistralmente utilizzati e agli occhi meccanici che aprono e chiudono il diaframma, riusciamo a riscontrare in un muto e immobile Jeff quella che è sicuramente un emozione: come se i suoi occhi brillanti per merito delle luci di scena, portassero in lui la scintilla della vita. Nulla di più complesso che merita di essere evidenziato. Il volto umano, ricordiamo, ha 36 muscoli che vengono utilizzati selettivamente per esprimersi e nonostante questo, a volte identifichiamo delle persone come “inespressive”. Jeff, ha solo due diaframmi che aprono e chiudono, eppure, non ci sogneremmo di attribuirgli tale aggettivo. Merito soprattutto della fotografia che lo accompagna nei notturni e gli ambienti bui.
Finch recensione: dov’è l’originalità?
Nella nostra recensione, le musiche di Finch sono il punto di basso dell’opera. Gustavo Santaolalla, compositore argentino, due volte premio Oscar per le migliori colonne sonore in I segreti di Brockback Mountain (2006) e Babel (2007), si cimenta anche in questo titolo ma senza esprimere le sue piene potenzialità. Siamo certi non sia sua la colpa, ma del film che segue la sua strada e opta per i silenzi. Durante la visione siamo certi che manchi qualcosa; e quella cosa sono delle musiche che facciano da evidenziatore a dei momenti in cui, inconsciamente, ne avvertiamo il bisogno. Scelta registica? Sicuramente. Sbagliata? Secondo noi si. Possiamo giustificarla abbozzando una piccola analisi: ambiente deserto e ventoso a cui si cerca di dar risalto più con i rumori e col silenzio. Figo, potrebbe starci, ma qualcosa manca.
Un’altra pecca è quella dell’originalità: i temi trattati da Finch, sono stati già trattati in modo più esauriente e migliore da moltissimi altri titoli. Questo non vuol dire, ad esempio, che fatto un film d’amore non occorre farne altri. Spero di non farmi fraintendere dicendo che questo resta un buon film, ma non fra quelli da vedere assolutamente perché identificano alla perfezione un genere. Non è il film dell’anno. Questo è dovuto ad una profondità dei personaggi e dei luoghi solo accennata e a un viaggio interiore dei protagonisti ben strutturato ma che non osa. Per restare in tema culinario è come dire che una tazza di tè è buona e posso prenderla quasi ogni pomeriggio, ma quanto è più buono un secchio di cioccolata calda, accompagnata da un pacco di biscotti, anche se potrebbe causarmi dei problemi? Credo di non poter spiegarlo al meglio senza essere prolisso. Tuttavia, questo dovrebbe essere un ottimo spunto di riflessione. Se vi va, scrivete un commento a riguardo.
Finch recensione: spoiler alert
Siamo arrivati alla parte spoiler della recensione di Finch. Vi consigliamo di saltare al paragrafo delle conclusioni se non volete rovinarvi la visione del film.
Dopo aver concluso la nostra recensione di Finch no spoiler, andiamo avanti con un piccolo approfondimento che intenderebbe curare quella che è l’analisi del film. Finch offre alti e bassi che in qualche modo si compensano con un leggero favore dei primi. Durante la visione, però, ci siamo imbattuti in delle scene e in alcuni utilizzi della fotografia che sono riusciti a farci mettere dritti sulla poltrona (il divano, nel mio caso). Questi elementi di maestria uniti a profondità emozionale, ci lasciano con l’amaro in bocca, in quanto ci rendiamo conto che sarebbe potuto essere molto più di quel che è stato. Rimembrando i tempi scolastici: “è intelligente, ma non si applica”.
Il punto più alto, quello che ci ha maggiormente colpito, è quello della farfalla: da sempre accomunata dalla simbologia a elementi di rinascita, trasformazione e speranza, è l’elemento più significativo del film, che porta a una conclusione in qualche modo soave. Finch, consumato dalle radiazioni, conta le ore che lo separano dalla sua morte, ma se la sua vita è un vaso di Pandora, in cui tutte le cose negative sono uscite, è la vista di una farfalla che lo porta per l’ultima volta ad avere speranza: l’ultima cosa che esce dal vaso. Vicino a San Francisco, i livelli di radiazione sono bassi e il protagonista scende dal camper ammirando quella che sembra una natura in ricostruzione, godendosi dopo tanto tempo i raggi del sole. La sua attenzione si sposta all’insetto più bello di tutti, lo cerca, ma lo fa con rispetto, conscio della fragilità che in qualche modo li lega. La farfalla accetta il suo tacito invito e, in una danza, si posa sulla sua mano. Questo è il momento che evidenzia il cambiamento di Finch: è il momento della trasformazione. Una trasformazione che poteva essere più dolorosa, ma che invece arriva leggera, piena di dolce rassegnazione, offrendogli felicità. Seppur effimera. Come in ogni storia, il protagonista cambia e diventa migliore, risolvendo i problemi interiori che gli permettono di elevarsi allo status di Eroe.
Finch è pronto a essere padre, accettando Jeff (il suo robot) per quello che è: un essere senziente e non un semplice strumento di lavoro. Questa vicinanza affettiva, gli permette, in qualche modo, di rinascere. In poco tempo da crisalide ad adulto e da adulto a uovo, all’interno dei ricordi che cambieranno Jeff per sempre.
Ogni persona che muore, infatti, vive nel ricordo di chi l’ha amata e lo cambia. Per il resto della sua vita.
La farfalla rinasce.
Fine della parte spoiler, potete proseguire la lettura senza problemi da qui in poi.
Finch recensione: conclusioni
È un film che non rivedrei, ma che sono felice di aver visto. Mi piace restare in questa linea di confine un po’ come un filosofo, o come il Marzullo di FotoNerd: è più importante la visione del film o il film che ci lascia una visione? Alcune domande non hanno risposta, a volte le facciamo per darci un tono, ma vorrei rimanere in una zona di comfort come mi sono promesso prima di iniziare a scrivere questa recensione: ci terrei a essere capito da tutti, senza usare paroloni, quindi vi pongo delle semplici conclusioni: il film brilla più come una lampadina a risparmio energetico che una al tungsteno, però la luce ci illumina e non ci fa sudare. Il comparto tecnico, in generale, passando da fotografia, regia, fino al montaggio, lo rende un prodotto che supera di un punto / un punto e mezzo la sufficienza. Un film solido con un ottimo attore che se si ha la possibilità di vederlo, è sempre meglio farlo.
Da qui è tutto. FotoNerd, a voi in studio.
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Recensione in breve
Finch
Finch è un buon film, in cui tutti gli elementi tencnici e artistici meritano più che la sufficienza. Tuttavia, non riesce ad entrare negli annali come vorremmo, perchè manca di una certa incisività, probabilmente taciuta, per paura di gettare il cuore oltre l'ostacolo. Nel complesso se ne consiglia la visione.
PRO
- Cast
- Ambientazione
- Dinamiche fra personaggi
- Ottimo metodo di racconto
CONTRO
- Colonne sonore
- Poca incisività