Ci avviciniamo sempre di più alla fine dell’anno e con questo arrivano diverse interessanti novità al cinema. Oggi, nello specifico, parliamo di Black Panther: Wakanda Forever in questa nostra recensione in anteprima e senza spoiler. Scopriamo insieme tutti i dettagli.
Wakanda Forever recensione: introduzione
Dopo esserci lasciati alle spalle Thor: Love and Thunder, dal 9 novembre sarà possibile tornare al cinema per godersi la pellicola invernale di casa Marvel. Un’opera dedicata a un personaggio che è stato rilevante per le precedenti fasi di questo Universo ma che ancora non si è fatto conoscere del tutto.
Black Panther è un supereroe più importante e forte di quanto si pensi e con questo secondo film (sequel di quello disponibile dal 2018) cerca di tornare in auge e farsi ricordare. Con Wakanda Forever raggiungiamo la cifra tonda di trenta film appartenenti al Marvel Cinematic Universe nonché l’ultimo lungometraggio ad appartenere alla cosiddetta Fase Quattro.
Quali assi nella manica ha nascosto fino a questo momento?
Wakanda Forever recensione: la trama
La morte di T’Challa ha sconvolto la sua famiglia, il suo popolo e il mondo intero. Dopo un anno dalla sua dipartita, gli equilibri tra il Wakanda e gli Stati Uniti non sono ancora tornati del tutto ad accordi pacifici. La regina madre, Ramonda, porta sulle proprie spalle il peso di una nazione ferita e il lutto personale che, dopo il marito, l’ha colpita di nuovo con la scomparsa del figlio.
Mentre cerca di superare il dolore, deve fronteggiare gli attacchi esterni per l’appropriazione del vibranio e l’atteggiamento sempre più chiuso e distaccato della figlia Shuri, che non si da pace per non essere riuscita a salvare T’Challa. Ma trovare tranquillità diventa impossibile di fronte alla creazione di un macchinario altamente tecnologico che risveglia l’ira di un popolo rimasto celato negli abissi fino a questo momento: il regno di Talocan governato dal re Namor.
Chi proteggerà il Wakanda e il mondo ora che Black Panther non esiste più?
Wakanda Forever recensione: un tributo a Chadwick Boseman
Come molti ipotizzavano – e già dai trailer era stato in parte confermato – il film Black Panther: Wakanda Forever vuole non solo portare avanti il progetto più ampio di Marvel ma anche e soprattutto omaggiare colui che ha rivestito i panni di questo personaggio fino al 2020. Senza la presenza di Chadwick Boseman, scomparso prematuramente nell’agosto di quell’anno, gli addetti ai lavori come Ryan Coogler, Joe Robert Cole e Kevin Feige sono dovuti correre ai ripari e, probabilmente, riscrivere il futuro della Pantera in tempo per l’uscita programmata di questo film.

Sembra piuttosto normale e scontato affermare che la trama di questa pellicola sia la dovuta conseguenza di un fatto che nessuno ha potuto e potrà mai impedire, nemmeno un supereroe. La produzione e il cast, comunque, hanno cercato in tutto il film di andare avanti guardando con speranza al futuro, senza dimenticarsi di un notevole tributo che porta lo spettatore inevitabilmente a commuoversi. La presenza di Boseman aleggia nel corso dell’intera durata del film: lo si avverte di fronte al silenzio, tra i flashback, negli occhi di chi l’ha conosciuto e anche di chi non ha potuto ma porta con sé l’eredità da lui lasciata.
Wakanda Forever recensione: la fierezza del Wakanda
Black Panther: Wakanda Forever è un film che cerca in tutti i modi di rendersi indipendente da tutto quello che è stato narrato finora, senza però rinnegarlo. Sembra quasi appartenere a un mondo tutto suo, quello del fiero paese e popolo del Wakanda, volontariamente isolato da tutto il resto e forse, proprio per questo motivo, così tanto affascinante. Come capitato con il film del 2018, abbiamo ancora una volta modo di tornare a esplorare una cultura che con i suoi elementi fantastici ci riavvicina alle nostre origini primordiali, legate innanzitutto al contatto con la natura.
Ciò lo dobbiamo in prima battuta all’immaginario di Marvel Comics, che grazie a Stan Lee, Jack Kirby e i loro successori ha portato avanti dal 1966 in avanti la storia di questo personaggio. Oltre all’aspetto più “primitivo” vediamo come l’essenzialità del Wakanda vada avanti come una retta parallela al fianco della sua inestimabile potenza, nonché dal progresso tecnologico e scientifico in grado di fare invidia a forze politiche come quella degli Stati Uniti. Ricordiamo, come detto pocanzi, che il Wakanda è il luogo in cui ha sede il vibranio, un metallo potenzialmente indistruttibile che non può non fare gola al resto delle grandi potenze.
Ma se non esistesse più il monopolio? Se fosse possibile estrarre una lega tanto preziosa altrove?
Wakanda Forever recensione: un nuovo nemico dagli abissi
Dalla terraferma al fondo dell’oceano: l’uomo cerca di espandere le sue mire di conquista anche dove, in teoria, non potrebbe vivere. Ma proprio di fronte a una situazione del genere emerge un popolo antico e sconosciuto pronto a difendere il territorio con ogni mezzo possibile. Nessuno, nemmeno i wakandiani, avevano sentito parlare di Talocan, popolo di uomini pesce che non voleva altro se non proseguire con la propria esistenza in modo pacifico. La minaccia che giunge dagli Stati Uniti costringe il re, Namor, a salire in superficie e mettersi in contatto con Ramonda e Shuri, alla ricerca di un’alleanza con il Wakanda.
Un nobile intento, ma tutt’altro che pacifico che la giovane principessa è chiamata a gestire. Tenere al sicuro l’inventrice Riri Williams è adesso la priorità così come ogni tentativo di evitare una guerra tra popoli. Namor diventa ben presto il nemico da affrontare e sconfiggere, mosso da un antico astio che nel corso del film viene raccontato a più riprese. La sua forza viene paragonata a quella di Hulk e Thor e questo dovrebbe renderlo temibile, nonché un nemico che dovrà essere ricordato. Tenoch Huerta è riuscito a rendersi affascinante e minaccioso al contempo, mostrando un mondo diverso e incredibile, pacifico e a tratti magico, ma in grado in un lampo di diventare crudele e sanguinario se minacciato.
Wakanda Forever recensione: tra alti e bassi
Come già detto in più occasioni, le pellicole Marvel funzionano meglio quando non tentano in tutti i modi di prendersi sul serio, ma piuttosto allentano la presa per offrire prodotti freschi, leggeri, divertenti e d’intrattenimento. Con Black Panther: Wakanda Forever, però, sembra quasi di tornare alle atmosfere di film un po’ più datati grazie ai toni più seri e davvero concentrati sulla storia da raccontare. Qui, le risate sono limitate e davvero minime, perché a prevalere sono il dolore, il pericolo e il desiderio di riscattarsi.
Si ha una duplice conseguenza: da un lato, la prima parte del film, ricca d’informazioni e presentazioni dei nuovi personaggi, che rallenta drasticamente il classico ritmo dinamico a cui siamo stati abituati e che si riprende un po’ nella seconda parte. Dall’altro, viene data la possibilità di conoscere meglio un popolo tanto importante rimasto finora in seconda o addirittura terza linea, buono solo come nascondiglio e base d’atterraggio per i feriti. Il Wakanda assume finalmente una sua identità e riesce in ciò che nessun altro prodotto della Fase Quattro (o pochissimi di questi) è riuscito a fare: raccontare la storia di un supereroe senza per forza legarsi alla presenza di altri personaggi dominanti del MCU che hanno già il loro personale cammino. I riferimenti ci sono, è inevitabile, ma non trainano l’intera narrazione e anzi, sono per fortuna soltanto accennati.
Oltre a questo, il film ha il pregio di agganciarsi all’universo Marvel senza sentirsi obbligato a dare informazioni sul futuro, specie in scene post-credit che più volte in passato sono addirittura risultate più rilevanti dell’intera pellicola in cui queste erano state inserite. Ovvio: la durata complessiva di due ore e quaranta di film (superiore perfino ad Avengers: Endgame) si fa sentire tutta, forse anche troppo. È impegnativa, fisicamente che mentalmente, senza un perfetto equilibrio della narrazione generale, troppo sbilanciata sul presentare gli elementi in causa rispetto al farli effettivamente incontrare o scontrare.
Wakanda Forever recensione: Black Panther per sempre
Black Panther ritornerà? Sì e non è un mistero. La sua presenza è necessaria nel concreto e, dopo Boseman, è stata chiamata Letitia Wright ad assolvere a questo gravoso compito. L’attrice, e Shuri di riflesso, ha preso a cuore l’eredità del collega portando il proprio personaggio ad affrontare un cammino di dolore e redenzione, che potesse far risultare logico e plausibile il passaggio di consegna del ruolo di Black Panther. Troviamo infatti una Shuri molto diversa da tutti gli altri film in cui compare. Da ribelle e spensierata quale era, è passata a essere schiva, rabbiosa e incapace di darsi pace. Cerca di rifugiarsi nella razionalità delle sue ricerche ma sente che è proprio la sua acuta intelligenza, che ha ricevuto in dono, ad averla tradita nel momento di estremo bisogno.
Un aspetto che l’ha sempre caratterizzata ed elevata, sia come individuo che come donna, e che cercherà di nuovo sia attraverso un percorso interiore sia al fianco di Riri Williams (la futura Ironheart), che in qualche modo con il suo entusiasmo cerca di ricordarle gli aspetti di luce del fare ricerca e che devono sempre prevalere sulle ombre, una costante con cui dover imparare a convivere. Il nuovo design del costume di Black Panther è innovativo e personalizzato sulla figura del nuovo personaggio, che porta avanti la famosa eredità di cui abbiamo parlato prima. Anche se lì sotto ora c’è qualcun altro, ci sarà sempre e comunque un po’ di T’Challa negli occhi di quella maschera. Ora si è davvero pronti ad andare oltre, con fierezza.
Wakanda Forever recensione: il cast e la produzione
Il film Black Panther: Wakanda Forever è diretto da Ryan Coogler e prodotto da Kevin Feige e Nate Moore. Nel cast troviamo Angela Bassett nel ruolo della Regina Ramonda, Letitia Wright torna nei panni di Shuri, Winston Duke è M’Baku, Danai Gurira interpreta Okoye e Florence Kasumba nei panni di Ayo. Ancora, Lupita Nyong’o veste i panni di War Dog Nakia, Martin Freeman ritorna come Everett Ross. Nel cast ci sono dei nuovi arrivi tra cui Tenoch Huerta nel ruolo di Namor, re di Talokan, Dominique Thorne, Michaela Coel, Mabel Cadena e Alex Livinalli.
Wakanda Forever recensione: conclusione
Black Panther non è un film perfetto ma nemmeno il disastro che erroneamente avevamo ipotizzato. Un ritmo un po’ più dinamico avrebbe di certo reso le quasi tre ore totali di visione molto più leggere, ma al contempo sono stati introdotti degli elementi specifici di Wakanda che ancora erano rimasti del tutto all’oscuro a distanza di anni. Non vediamo l’ora del 9 novembre, così da comprendere meglio il riscontro generale della pellicola.
Siete fan di Black Panther? Andrete a vederlo al cinema? Fatecelo sapere.
Recensione in breve
Black Panther: Wakanda Forever
Black Panther: Wakanda Forever rappresenta il grande ritorno del noto supereroe comparso nel 2018 e in altre pellicole collaterali Marvel. A fronte di una netta mancanza di equilibrio tra ritmo e trama, il film si pone a un livello superiore alle aspettative, portando degnamente avanti il lavoro di Chadwick Boseman con il personaggio.
PRO
- Buono il comparto tecnico
- Cast all'altezza
- Trama più seria
- Poche risate (per fortuna)
- Un bel tributo a Chadwick Boseman ma non solo
CONTRO
- Un film molto lungo e decisamente lento